MONTEVIDEO - La recente riforma della cittadinanza italiana ha sollevato forti polemiche tra le comunità italiane all’estero. Il governo di Giorgia Meloni ha infatti introdotto nuove restrizioni per il riconoscimento della cittadinanza per ius sanguinis, modificando in modo significativo le condizioni per i discendenti di italiani nel mondo.
Secondo i nuovi criteri, infatti, solo chi ha presentato domanda prima del 27 marzo 2025 potrà continuare il processo con le vecchie regole, mentre per gli altri sarà necessario dimostrare che almeno un genitore o un nonno abbia vissuto in Italia per almeno due anni consecutivi prima della nascita, o adozione, del richiedente. Inoltre, aumenta la tassa consolare per l’istruttoria della pratica, che potrebbe arrivare a 700 euro.
Renato Palermo, presidente del patronato Inca-Cgil di Montevideo e dell’Associazione Calabrese, ha espresso forti perplessità su come la riforma sia stata introdotta e sui suoi contenuti.
“È stata una cosa improvvisa, quasi clandestina, decisa senza alcun dibattito pubblico – afferma Palermo –. Di colpo è apparso il decreto, come una bomba, senza che la comunità italiana all’estero o l’opposizione politica fossero assolutamente informate”. Il presidente del patronato sottolinea che da anni si discute della necessità di una nuova riforma dei meccanismi di riconoscimento, ma nessuno si aspettava un cambiamento di questa portata e con queste modalità.
Palermo evidenzia come la decisione sia profondamente miope anche dal punto di vista economico: “L’Italia vive anche dell’export dei suoi prodotti tipici e i principali consumatori dei suoi prodotti sono proprio gli italiani all’estero. Questa riforma, a lungo termine, potrebbe danneggiare un’importante risorsa per il Paese”.
Le reazioni alla riforma sono state immediate e le comunità italiane nel mondo stanno organizzando incontri e raccolte firme. “Ci stiamo mobilitando con i patronati di Brasile e Argentina per fare pressione sui rappresentanti eletti”, spiega Palermo.
In Uruguay, il Comites (Comitato degli italiani all’estero) e il Cgie (Consiglio generale degli italiani all’estero) si sono riuniti per confrontarsi sulla questione giovedì, e nelle prossime ore, è atteso dal Consolato un comunicato condiviso sul tema.
“Abbiamo una finestra temporale di 60 giorni ed è essenziale utilizzarla per migliorare il decreto il più possibile”, sottolinea Palermo, facendo riferimento al periodo in cui il decreto sarà discusso in Parlamento, prima della sua eventuale approvazione definitiva.
Palermo avverte infine di una possibile minaccia al diritto di voto degli italiani all’estero: dopo la restrizione sul diritto di cittadinanza, avverte Palermo, il prossimo passo potrebbe essere proprio l’eliminazione del diritto a partecipare alle elezioni per i residenti all’estero, con candidati locali e senza bisogno andare in Italia per esercitare il diritto di voto.