SYDNEY - Chris Minns ha affermato: “Non posso permettere che Sydney precipiti nel caos”. Contemporaneamente la polizia statale ha intentato un’azione legale per impedire la protesta prevista per domenica, ritenendola non autorizzata. La questione sarà discussa venerdì pomeriggio davanti alla Corte Suprema.

Nonostante ciò, il gruppo organizzatore, Palestine Action Group Sydney, ha promesso di manifestare comunque, a prescindere dalla sentenza. Cinque deputati del governo laburista si sono uniti a dieci altri parlamentari in una dichiarazione congiunta a sostegno della marcia, chiedendo al governo statale di collaborare per garantire un evento che si svolga in sicurezza.

Nel frattempo, giuristi australiani hanno espresso seri dubbi sulla legalità delle restrizioni imposte alle proteste nel NSW. In una lettera aperta, Kerry Weste, vicepresidente di Australian Lawyers for Human Rights, ha ricordato che “la libertà di assemblea è un diritto umano fondamentale riconosciuto dai trattati internazionali firmati da Canberra”.

Le proteste mirano a puntare i riflettori sulla crisi umanitaria a Gaza. Secondo le autorità locali, oltre 60mila palestinesi sono stati uccisi dall’inizio della guerra. L’ONU segnala ogni giorno decessi crescenti per fame.

L’Harbour Bridge è stato più volte chiuso per eventi simbolici, come la marcia per la riconciliazione nel 2000 e il World Pride 2023. Questa volta il governo sembra voler tracciare una linea netta, sollevando serie preoccupazioni sul rispetto dei diritti civili in Australia.

Tuttavia, va sottolineato che il premier non si è pronunciato contro la manifestazione, dichiarando che può essere tenuta altrove, ma non sull’Harbour Bridge dove arrecherebbe enormi disagi per tutti i cittadini.