MILANO - La Cassazione ha annullato la decisione della Corte d’Appello di Milano che, pur riconoscendo provati i fatti, aveva giudicato sproporzionato il licenziamento di una lavoratrice accusata di molestie sessuali ai danni di un collega in uno stabilimento che produce calzature per il marchio di lusso Louboutin. 

La Corte d’Appello, pur confermando le frasi a contenuto sessuale e le attenzioni indesiderate rivolte al collega, aveva ritenuto eccessivo il licenziamento, in considerazione dell’assenza di precedenti disciplinari e di conseguenze gravi per l’organizzazione aziendale. Per questo, aveva condannato l’azienda a risarcire la dipendente con 22mila euro, pari a 12 mensilità, per la perdita del lavoro. 

Nei giorni scorsi però, la sezione Lavoro della Cassazione ha ribaltato questa decisione, ritenendo invece legittimo il licenziamento avvenuto il 10 marzo 2023. La lavoratrice, impiegata in un calzaturificio con sede a Parabiago (Milano), era stata allontanata per aver rivolto in più occasioni frasi sessualmente esplicite al collega, e averne rallentato l’attività produttiva invitandolo con insistenza a recarsi nel reparto di controllo delle tomaie (la parte superiore delle calzature), senza motivi validi. 

La Suprema Corte ha individuato due motivi principali per l’annullamento della sentenza: il primo riguarda l’impatto delle molestie sulle dinamiche lavorative, compiute anche davanti ad altri colleghi, e il secondo è la non conformità della sanzione lieve rispetto ai valori ormai radicati nella realtà sociale e ai principi dell’ordinamento.  

Per la Cassazione, non si può ridurre un simile comportamento a una semplice sanzione disciplinare. 

Gli ermellini hanno quindi invitato i giudici dell’Appello a riesaminare il caso alla luce di una “corretta scala valoriale di riferimento”. Nella sentenza si cita anche il codice di condotta della Maison, che prevede un ambiente di lavoro libero da comportamenti inappropriati, comprese le discriminazioni e le molestie sessuali.