MELBOURNE - Secondo la ricerca, diversi datori di lavoro stanno escludendo sia i lavoratori più anziani sia i più giovani, a causa di pregiudizi legati all’età.
Il rapporto evidenzia che quasi il 25% dei professionisti delle risorse umane ora valuta come “anziani” i lavoratori tra i 51 e i 55 anni, rispetto al 10% del 2023. Il cambiamento starebbe ad indicare che molte aziende stanno trascurando lavoratori esperti in un’economia già afflitta da carenze di competenze.
Nonostante il 55% delle aziende dichiari difficoltà nel coprire posizioni vacanti, solo il 56% è disposto ad assumere persone tra i 50 e i 64 anni.
Per gli over 65, la disponibilità crolla al 28%, con un 18% che esclude categoricamente questa fascia d’età. Anche i giovani sono penalizzati: solo il 41% degli intervistati è favorevole all’assunzione di candidati tra i 15 e i 24 anni.
Secondo Sarah McCann-Bartlett, CEO di AHRI, “molte aziende esitano ad assumere lavoratori sopra i 50 anni, anche se lontani dalla pensione, e sotto i 24, inclusi i nativi digitali della Gen Z”. Il 20% dei professionisti del settore delle risorse umane riconosce che le pratiche di reclutamento penalizzano i lavoratori più anziani, e il 23% afferma lo stesso per quelli più giovani.
Il commissario per la discriminazione basata sull’età, Robert Fitzgerald, ha sottolineato come squadre di lavoro eterogenee dal punto di vista anagrafico offrano vantaggi reali, migliorando la risoluzione dei problemi e la produttività. Fitzgerald ha inoltre ribadito l’importanza di ambienti inclusivi in cui le competenze contino più dell’età.