PHILADELPHIA (USA) – I Kennedy smentiscono il detto “il sangue non è acqua” e si schierano compatti accanto a Joe Biden contro la pecora nera della famiglia, Robert Jr, che con la sua candidatura da indipendente rischia di rubare voti al Presidente nella corsa alla Casa Bianca. In un evento elettorale a Philadelphia, nello Stato in bilico della Pennsylvania dove il Commander-in-Chief ha lanciato un’offensiva elettorale, il clan di Camelot ha dato a Biden il massimo riconoscimento per un democratico incoronandolo come l’erede del compianto JFK.
“Porta avanti tutti i diritti e le libertà che mio padre e i miei zii difendevano”, ha dichiarato Kerry Kennedy, una delle sorelle di Robert Kennedy. Un endorsement importante e significativo già anticipato da un incontro, immortalato da una foto iconica, nel Rose Garden della Casa Bianca in occasione della festa irlandese di San Patrizio.
“Donald Trump sta correndo per riportarci indietro, attaccando i diritti e le libertà più elementari che sono fondamentali per ciò che siamo come americani”, ha attaccato poi la figlia di Bob.
Il fratello ribelle non è stato mai nominato nel discorso ma l’ufficializzazione dell’endorsement è il segno che egli è considerato un potenziale pericolo per il voto di novembre e non solo tra i democratici.
L’avvocato ambientalista e no-vax ha, infatti, un discreto seguito anche tra i repubblicani e qualche giorno fa ha rivelato di aver rifiutato un’offerta dall’entourage di Trump di correre come suo vice dopo che un sito del movimento “Make America Great Again” lo aveva bollato come “radicale di sinistra”.
Intanto, l’ex presidente americano ha avuto un incontro a New York col presidente polacco Andrzej Duda durante il quale hanno discusso di Ucraina, Medio Oriente e la proposta della Polonia che i Paesi della Nato aumentino le loro spese per la difesa al 3% del Pil.
In vista delle elezioni di novembre, nelle ultime settimane Trump ha avuto una serie di incontri con diversi leader mondiali – il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman, il ministro degli Esteri britannico David Cameron, il presidente argentino Javier Milei e il primo ministro ungherese Viktor Orban – nonostante l’ombra dei suoi guai giudiziari continui a pesare sulla sua campagna.