WASHINGTON – La Federal Reserve la scorsa settimana ha mantenuto invariati i tassi d’interesse, ma ha avvertito che i rischi di un’inflazione più elevata e di un aumento della disoccupazione stanno crescendo, oscurando ulteriormente le prospettive economiche degli Stati Uniti.
I responsabili della politica monetaria si trovano a dover fare i conti anche con le conseguenze dai dazi imposti dal presidente Donald Trump.
Il presidente della Fed, Jerome Powell, ha dichiarato che al momento non è chiaro se l’economia proseguirà nel suo ritmo di crescita costante oppure cederà sotto il peso dell’incertezza crescente e di un possibile aumento dell’inflazione.
“Con così tante incognite su cosa deciderà infine Trump e su cosa sopravviverà a possibili battaglie giudiziarie e politiche, la portata, la scala e la persistenza di tali effetti sono molto, molto incerte”, ha detto Powell in conferenza stampa al termine di una riunione di due giorni del Comitato di politica monetaria. “Quindi non è affatto chiaro quale sia la risposta appropriata della politica monetaria in questo momento. Non è affatto chiaro cosa dovremmo fare”.
“Non credo che possiamo dire in che direzione andrà a finire questa situazione”. Con queste parole, Powell ha di fatto ammesso che la banca centrale americana – attore chiave nel plasmare l’economia – è stata momentaneamente messa ai margini finché l’agenda politica di Trump non si sarà completamente dispiegata in tutte le sue forme.
Nel comunicato ufficiale, la Fed ha confermato di avere mantenuto il tasso di riferimento tra il 4,25% e il 4,50%, osservando che dall’ultima riunione di marzo “l’incertezza sulle prospettive economiche è ulteriormente aumentata”, e che stanno crescendo i rischi di un rialzo sia dell’inflazione che della disoccupazione.
Secondo Thomas Simons, capo economista USA di Jefferies, il linguaggio usato dai vertici della Federal Reserve minimizza l’entità dei disordini intervenuti dall’ultima riunione del 18-19 marzo, e quanto sia diventata imprevedibile la situazione.
“Tutte le notizie sulle tariffe del ‘Giorno della Liberazione’, l’annuncio del 9 aprile di un rinvio di 90 giorni, il tira e molla sugli accordi commerciali e sulle esenzioni tariffarie nei titoli di giornale, e il conseguente pessimismo espresso nei sondaggi tra imprese e consumatori, rendono impossibile valutare le prospettive economiche, per non parlare del cambiamento dei rischi associati,” ha scritto Simons, definendo l’approccio di Powell “prevedibilmente non impegnativo” viste le circostanze.
Il comunicato della Fed, così come molte delle dichiarazioni di Powell alla stampa, ha sottolineato la resilienza dell’economia, con l’occupazione in crescita e un PIL ancora in espansione a un “ritmo solido”. Il calo del prodotto interno lordo nel primo trimestre, ha spiegato Powell, è stato distorto da un’ondata record di importazioni da parte di aziende e famiglie che hanno anticipato gli aumenti delle tasse doganali, mentre gli indicatori della domanda interna restano positivi.
Ma anche questi dati evidenziano il dilemma della Fed. L’impennata anticipata di acquisti non è destinata a ripetersi, e resta da capire se, sotto la superficie, la domanda e gli investimenti stiano iniziando a indebolirsi – e come ciò si rifletterà nei dati concreti su inflazione e occupazione.
Il “Beige Book” della Fed, raccolta di testimonianze sull’economia, ha recentemente tracciato un quadro cupo: affari sospesi, calo della domanda, prezzi in aumento.
“Imprese e famiglie sono preoccupate, e stanno rinviando decisioni economiche di vario genere - ha detto Powell -. Se questo continua e non si verifica nulla che attenui queste preoccupazioni, ci si può aspettare che tali effetti emergano nei dati economici”.
Tuttavia, la Fed non può agire finché non sarà chiara la direzione dell’economia e non sarà possibile valutare i rischi rispetto ai suoi due obiettivi principali: contenere l’inflazione al 2% e mantenere la piena occupazione.
“L’attuale posizione della politica monetaria ci mette in una buona condizione per rispondere tempestivamente a possibili sviluppi economici”, ha affermato Powell, riaffermando l’approccio attendista che è diventato il tratto distintivo della banca centrale nei primi mesi dell’amministrazione Trump.
Dopo la decisione unanime della Fed, i titoli azionari statunitensi hanno esteso i guadagni e chiuso in rialzo. I rendimenti dei titoli del Tesoro sono diminuiti, mentre il dollaro si è rafforzato rispetto a un paniere di valute.
L’orientamento futuro della politica monetaria della Fed dipenderà da quale rischio – inflazione o disoccupazione – si materializzerà maggiormente o, nello scenario peggiore, da come gestire un aumento simultaneo di entrambi.
Un mercato del lavoro più debole giustificherebbe un taglio dei tassi; un’inflazione più alta richiederebbe politiche più restrittive.
“Per il momento la Fed resta in una fase di attesa mentre aspetta che l’incertezza si diradi”, ha dichiarato Ashish Shah, responsabile degli investimenti pubblici di Goldman Sachs Asset Management, aggiungendo che “i dati sull’occupazione, recentemente migliori del previsto, hanno rafforzato la posizione attendista della Fed, e la ripresa del ciclo espansivo dipenderà da un sufficiente indebolimento del mercato del lavoro”.
Il tasso di riferimento della Fed è invariato da dicembre, mentre i funzionari faticano a stimare l’impatto delle tariffe di Trump, che potrebbero portare a una maggiore inflazione e a una crescita economica più lenta quest’anno.
Nell’ultimo aggiornamento delle proiezioni economiche, avvenuto a marzo, si prevedeva la possibilità di ridurre il tasso di riferimento di mezzo punto percentuale entro la fine dell’anno.