Qualche volta, tali pazienti si rivolgono a me spontaneamente perché si accorgono che i loro comportamenti aggressivi e violenti sono davvero inadeguati e causano notevoli danni sia fisici che psicologici alle loro vittime.

Il più delle volte, però, questi pazienti mi vengono inviati da altre fonti, soprattutto quelle legali e giudiziarie, perché spesso si cacciano in problemi gravi, sia dal punto di vista relazionale che quello legale.

L’invio allo psicologo per la gestione della rabbia (anger management) da parte del medico di famiglia è un’altra fonte frequente di invio.

Esistono varie tecniche terapeutiche per aiutare una persona affetta da questo tipo di problema a superarlo.

Chiaramente, il terapeuta curante deve prima riuscire a scoprire quale sia la causa sottostante di tale rabbia, in modo tale da rendere il paziente in questione consapevole dei meccanismi psichici che la scatenano.

Cosa nota a noi psicologi è che la rabbia deriva quasi sempre da vissuti di frustrazione. La frustrazione, a sua volta, chiama in causa i bisogni disattesi della persona arrabbiata.

Nel mio lavoro terapeutico e forense vado sempre alla ricerca delle fonti di rabbia del mio paziente. Molto spesso mi trovo a dover risalire all’infanzia e alla giovinezza del paziente per trovarne le cause. Come spesso accade, le cause sono da ricercarsi in fattori genetici e fattori esterni come l’abuso e l’abbandono durante l’infanzia.

Il termine tecnico a cui far rifermento è ‘Disturbo Esplosivo Intermittente’, che a sua volta fa parte dei vari ‘disturbi del controllo degli impulsi’.

E allora, quale sarebbe la dinamica che porterebbe la persona con problemi di gestione della rabbia ad avere questi momenti di ‘esplosione’?

Per capirlo bisognerebbe immaginare un bambino che viene abusato fisicamente e psicologicamente da parte di uno o di entrambi i genitori. Immaginate i vissuti di perdita di fiducia, di umiliazione, di abbandono e, infine, di rabbia di tale bambino. Aggiungete a ciò i gravi sensi di colpa che il bambino proverà nell’avvertire una simile rabbia verso il genitore in questione. Tali sensi di colpa inibiranno l’espressione aperta e diretta della rabbia del bambino che, al contrario, retrofletterà la rabbia su se stesso.

L’aggressività conseguente alla rabbia verrà soffocata come in una pentola a pressione e sarà lì pronta a esplodere non appena il bambino ormai diventato adulto si troverà in circostanze nelle quali i passati vissuti di abuso e di abbandono risaliranno alla superficie della sua coscienza.

Ecco perché il termine ‘Disturbo Esplosivo Intermittente’ appare azzeccatissimo e corretto.

Facciamo un esempio che riscontro frequentemente: uno dei due coniugi si trova in una situazione nella quale avverte di essere trattato/a ingiustamente con disprezzo e aggressività da parte del/della partner. Tale situazione potrebbe far rivivere alla persona in questione gli stessi vissuti di rabbia repressa del passato nei confronti di un genitore violento. Tale rabbia diventerà aggressività esplosiva e sfocerà in una vera e propria violenza domestica.

Mi viene a volte da sorridere quando sento parlare di “anger management”, come se una simile pratica fosse una specie di acqua benedetta psicologica che risolve tutti i problemi di gestione della rabbia.

Mi permetto di scrivere che a me pare che l’anger management sia diventato tanto di moda nella società moderna; tutti ne parlano e ci sono fiumi di film che lo raccontano. Pochi però sanno quanto complesse siano le dinamiche che lo sottendono.

Per curare un simile problema, bisogna davvero essere esperti in materia e affrontare questo delicato problema con tanta perizia, tatto e pazienza.