BUENOS AIRES – La Camera dei Deputati argentina ha deciso di sospendere la sessione in cui stava discutendo la Legge Omnibus (il cui nome ufficiale è “Legge delle basi e punto di partenza per la libertà del popolo argentino”) e ha rimandato il progetto di legge alle commissioni della Camera stessa.
È stato Oscar Zago, capogruppo dei deputati di La Libertad Avanza (LLA), a presentare la mozione con la richiesta di rinvio nel momento in cui ha constatato l’impossibilità di raggiungere accordi, sul capitolo delle privatizzazioni, nemmeno con la frangia più morbida dell’opposizione, quella disposta a dialogare.
Intorno alle 18, la LLA ha proposto una pausa, tra le accuse di Myriam Bregman, deputata del Frente de Izquierda (FIT), secondo cui la richiesta non era sostenuta da ragioni valide, mentre per tutta la giornata a farla da protagonisti erano stati i negoziati "di corridoio" tra il partito di governo e gli alleati.
Pochi minuti dopo la richiesta dell’intervallo, infatti, è stata improvvisata una riunione a cui hanno partecipato i capigruppo Miguel Ángel Pichetto (Hacemos Coalición Federal), Cristian Ritondo (PRO), Rodrigo de Loredo (Unión Cívica Radical) e Oscar Zago (LLA). Germán Martínez (Unión por la Patria) e Bregman, invece, non sono stati invitati a prenderne parte.
Il problema era chiaro: non c’era accordo sul capitolo delle privatizzazioni che stabiliva quali aziende statali potevano passare in mani private, né sull’imposta Paese che grava sulle importazioni e i pagamenti in dollari per servizi acquistati all’estero (per esempio Netflix).
Le votazioni erano già iniziate male per gli articoli precedenti.
Le trattative tra il governo e le Province erano in forte tensione per una dichiarazione di lunedì del ministro degli Interni Guillermo Francos. Secondo cui il presidente Milei avrebbe posto il veto alla compartecipazione alle province dell'imposta Paese (come richiesto dai governatori) se fosse stata inclusa nella discussione della legge.
Una volta in aula, dopo la richiesta di Zago, il presidente della Camera dei Deputati, Martín Menem, ha chiesto, con una votazione per alzata di mano, di tornare al punto di partenza e di rimandare l'intero testo di legge alle commissioni.
Così è stato. L’approvazione generale della legge, che il partito di governo aveva ottenuto la settimana scorsa, non è più valida e i 664 articoli del progetto originale, arrivati alla Camera più che dimezzati, dovranno essere discussi di nuovo.
Non è chiaro se l'intero governo ne fosse consapevole quando ha chiesto il ritorno alle commissioni. Nelle dichiarazioni rilasciate al canale televisivo LN+, il ministro Francos aveva affermato che il disegno di legge era "approvato", notizia confermata anche dal deputato Zago, che poi ha rettificato e dichiarato di aver commesso un errore.
In realtà, l'articolo 155 del regolamento della Camera dei Deputati parla chiaro. Stabilisce che "un progetto di legge che, dopo essere stato approvato in generale, o in generale e parzialmente in particolare, ritorna in commissione, quando viene esaminato nuovamente dalla Camera, viene sottoposto alla procedura ordinaria come se non avesse ricevuto alcuna approvazione". Tutto da rifare, insomma.
Per la sinistra, per fermare la legge è servita “la mobilitazione del popolo”, che nelle ultime settimane ha manifestato davanti al Congresso per protestare contro il provvedimento e che giovedì e venerdì ha subito una dura repressione da parte della polizia e della gendarmeria, che si sono accanite con violenza anche contro giornalisti, fotografi e cameramen.
Per Unión por la Patria (UP), si tratta di una sconfitta per il partito al governo e, soprattutto, di una lezione: non si può legiferare senza consenso.
Mentre fuori dal Congresso la popolazione festeggiava, il presidente Javier Milei ha twittato con rabbia da Israele, dove si trova con una delegazione governativa in visita ufficiale.
“La casta si è rivoltata contro il cambiamento per cui gli argentini hanno votato alle urne” ha dichiarato, sostenendo che “continueremo con il nostro programma con o senza il sostegno della leadership politica che ha distrutto il nostro Paese”. L'account ufficiale della presidenza ha affermato che “i governatori hanno preso la decisione di distruggere la legge” e ha accusato di tradimento i blocchi che “hanno voltato le spalle al progetto”.
Non usa mezzi termini, Milei. “Il popolo non dimenticherà mai i nomi di coloro che, pur potendo facilitare le riforme che sono state elette dal 56% degli argentini, hanno deciso di continuare a fare il gioco della casta” si legge in un messaggio pubblicato dall'ufficio del presidente. Il profilo elenca anche i nomi di coloro che hanno votato a favore della legge e di quelli che invece non l’hanno sostenuta, mentre l’account ufficiale di LLA afferma che “il tradimento si paga caro”.
Il megaprogetto originale della Legge Omnibus (costituito da 351 pagine e 664 articoli) prevede, tra l’altro, la privatizzazione delle aziende statali, la sospensione della mobilità delle pensioni, la modifica del sistema elettorale, la chiusura degli istituti culturali dello Stato e la deregolamentazione totale dell’economia. Inoltre, conferisce al presidente poteri che normalmente appartengono al Parlamento.
Non è ancora stato fissata la data in cui ricomincerà la discussione del disegno di legge nelle commissioni. Le sessioni straordinarie possono essere convocate fino al 15 febbraio, quindi i tempi sono piuttosto stretti, a meno che il governo non decida di chiedere una proroga. In ogni caso, la sessione ordinaria del Congresso inizierà il 1° marzo.
Articolo tradotto in italiano da Francesca Capelli