ROMA - Le parole di Paola Deffendi, madre di Giulio Regeni, arrivano con un pugno in faccia nell’aula bunker di Rebibbia. “Mi sono chiesta ‘Ma cosa ti hanno fatto Giulio?’ Sul suo corpo ho visto la bestialità, la brutalità. Lì capii che era stato torturato”.  

La sua testimonianza è stata raccolta nel corso di nuova udienza del processo a carico di quattro 007 egiziani, accusati di avere sequestrato, torturato e poi ucciso il ricercatore italiano, nel gennaio del 2016 al Cairo. 

Davanti ai giudici della prima Corte d’Assise di Roma, la madre di Regeni ha raccontato il calvario di quei giorni, dalla scomparsa del figlio al ritrovamento del corpo, fino alla drammatica visita in obitorio per il riconoscimento della salma. 

“Quando ho dovuto riconoscere il corpo di Giulio ho potuto vedere solo il suo viso. Era coperto da un telo e chiesi di poter vedere almeno i piedi ma una suora mi disse ‘Suo figlio è un martire’”, ha detto la donna, raccontando anche della conversazione avuta al tempo con l’ambasciatore italiano al Cairo. “Mi sentii vigliacca e volevo vederlo. Mi rispose ‘Paola, lo ricordi come era’. Andiamo all’ospedale italiano del Cairo ci troviamo un sacco bianco con il ghiaccio intorno. Avevo l’illusione che non fosse Giulio”.

La donna ha ricordato che suo figlio già era stato in Egitto nel periodo del colpo di Stato di al-Sisi. E quando ci tornò, nel 2015, disse che la situazione era più calma e si sentiva tutelato, in quanto ricercatore straniero, e non espresse mai alcun timore.  

Paola Deffendi ha poi reso noto di avere incontrato l’ambasciatore egiziano in aeroporto, un incontro del tutto fortuito. “Non l’ho mai detto prima. Ci siamo seduti accanto a lui, chiedendo se sapesse che c’era un processo in Italia sul caso Regeni, lui disse di sì”, ha raccontato.