Delusione per l’accanimento, dispiacere per qualcosa che ha vissuto “come una vera violenza”, ma anche la forza di usare la sua vicenda come esempio per chi è più debole e si trova una pistola, social o mediatica che sia, puntata. Così Raoul Bova dopo un’estate di bufera mediatica per le sue vicende private: “È come quando uno va al tappeto, poi come i pugili si rialzano, guardano la vita in faccia con la stessa passione”. “In realtà è stato un momento particolarmente intenso che ho dovuto elaborare, inizialmente non capivo la gravità di quello che stava succedendo - racconta Bova - non ho accettato le minacce e un tentativo di estorsione l’ho rispedito al mittente, dicendo che non mi piegavo alle minacce, che non avevo nulla da nascondere”. Bova spiega che crede nella giustizia “e bisognerebbe cercare di avere un intervento più immediato” ma dire no nella consapevolezza che “chi tenta di farlo non lo farà solo una volta e diventa un incubo, caderci è l’inizio della fine, bisogna andare in giro a testa alta se sei convinto di esserti comportato nel migliore dei modi, il giudice più importante è lo specchio. Io vado in giro a testa alta. Chi mi conosce non giudica e rispetta le mie decisioni”.
Non nasconde comunque l’attore, che torna su Canale 5 con la terza stagione della serie Buongiorno mamma, visibile con Il Globo Tv in streaming su Mediaset Italia, che “nonostante la grande delusione nel vedere un accanimento mediatico, non solo lo sberleffo che ci può anche stare quando si è un personaggio pubblico. Ma preso da un sito che pubblica qualcosa che non è legale, quantomeno bisognava bloccare in partenza”. “Io ho chiamato subito la polizia postale. Mi si diceva tu perderai il lavoro, l’estorsore era molto informato, e anche ‘rovinerò la tua vita matrimoniale’. Io non mi sono sposato e il mio rapporto di coppia aveva situazioni che stavamo gestendo con riservatezza. Non stavo perdendo qualcosa, ero forte della mia verità e non temevo rivalsa o ritorsione, non pensavo che facesse anche questo grande clamore”. Una situazione vissuta come una grande violenza: “È come se una persona che ha appena sparato chiede agli altri di fare altrettanto. Perché? La pistola è Instagram, il social, i meme, per andare contro una persona. Perché si fa? Per ottenere like, uccidere si può in nome di un like. Questo mi ha fatto molto male, è stata una vera violenza”.