MONTEVIDEO – Loretta Fanella, tra le figure più autorevoli della pasticceria italiana contemporanea, è una delle protagoniste della decima edizione della Settimana della cucina italiana nel mondo (in corso a Montevideo dal 17 al 30 novembre con lo slogan “La cucina italiana: tra salute, cultura e innovazione”) organizzata dall’Ambasciata d’Italia e dall’Istituto Italiano di Cultura, in collaborazione con l’Accademia Italiana della Cucina.
In queste giornate, vari ristoranti della capitale propongono menu italiani di portate ispirati alla dieta mediterranea, ma quest’anno i dessert hanno un ruolo centrale proprio grazie alla presenza di Fanella, la “Pasticcera delle Stelle”, proprietaria del laboratorio Loretta Fanella Pastry Experience e formatasi in alcuni dei ristoranti più prestigiosi d’Europa, come Cracco Peck a Milano, l’Enoteca Pinchiorri a Firenze e El Bulli dei fratelli Adrià, in Catalogna.
Dopo aver partecipato lunedì alla presentazione dedicata al gelato italiano con l’antropologo Dario Caccamisi, martedì 18 novembre ha curato una merenda in Ambasciata, mercoledì ha tenuto una masterclass su panettone e pandoro al Centro de industriales panaderos del Uruguay e questa sera sarà protagonista di una cena speciale al Radisson Victoria Plaza Hotel.
Fanella ha ripercorso con Il Globo l’inizio della sua passione, nata molto presto. “Avevo dieci anni quando ho preparato la mia prima torta, un pan di Spagna con crema pasticcera per il primo compleanno di mia sorella. All’epoca non era comune che una bambina cucinasse, ma ho capito subito che quello sarebbe stato il mio futuro”.
Il legame con Fiuggi (Frosinone), la città dove è nata e cresciuta, passa anche attraverso i dolci del territorio. “Da noi sono tipici gli amaretti, simili ai ricciarelli, morbidi e a base di mandorle e zucchero. La pasticceria da forno è molto radicata e la ritrovo ancora oggi in Toscana, dove vivo da oltre vent’anni e dove ho il mio laboratorio”.
Una vita trascorsa più fuori che nella sua città d’origine, quindi, ma senza mai perdere il riferimento alle radici. “Fiuggi mi ha cresciuta, la Toscana mi ha fatto maturare. Le considero entrambe parte del mio percorso”, afferma.
Una tappa decisiva è stata la Spagna, dove Fanella ha lavorato dal 2003 al 2007, nella cucina dei fratelli Adrià. “A El Bulli ho cambiato completamente visione. Ho imparato che un ingrediente può diventare molte cose diverse. Una mela non è solo una mela tagliata, ma si può frullare, congelare, polverizzare, destrutturare”, spiega Fanella, sottolineando che quel passaggio ha rappresentato “una apertura enorme nel modo di pensare il dolce e la gastronomia”.
Pur trattandosi di un contesto di cucina molecolare e altamente creativa, quel periodo le ha comunque permesso di conoscere anche la cucina tradizionale catalana, assaggiata soprattutto nelle case degli amici. “È una cucina semplice, di pochi piatti, a differenza della cucina italiana, capace di cambiare completamente nel giro di pochi chilometri”, spiega.
Per Fanella, che da bambina sognava di fare la stilista, estetica e gusto devono procedere insieme. “Per me è un 50-50, perchè si mangia prima con gli occhi. In Giappone espongono copie perfette dei piatti in vetrina, come se fossero abiti. L’estetica non è un dettaglio: ti invoglia ad assaggiare”.
Negli ultimi anni, il mondo dei dolci ha attraversato cambiamenti importanti, soprattutto per quanto riguarda la scelta degli ingredienti. “C’è maggiore attenzione a piatti più genuini: meno zucchero, meno grassi, meno lattosio. È una tendenza che nasce da esigenze alimentari sempre più diffuse, ma che sta migliorando anche la qualità del prodotto”, afferma la pasticciera, ribadendo che comunque la tradizione resta un riferimento imprescindibile.
“È più difficile fare bene un dolce tradizionale che uno innovativo, perché la tradizione è legata ai ricordi”, sostiene, sottolineando che tutt’ora “se penso a una torta da forno, penso al ciambellone della nonna, e se oggi quel sapore non lo ritrovo, quel dolce per me non vale”.
Nei primi giorni a Montevideo, Fanella ha osservato alcune caratteristiche della pasticceria locale, notando anche che non è semplice trovare materie prime che in Italia sono molto comuni, come nocciole, vaniglia e alcuni tipi di frutta secca.
Ciononostante, ha trovato spazio per un dialogo tra le due tradizioni e, durante una merenda ospitata in Ambasciata martedì pomeriggio, ha preparato, tra le altre prelibatezze, i maritozzi con il dulce de leche, pur ribadendo la volontà di portare soprattutto i sapori italiani. “È giusto che qui il pubblico assaggi la mia idea di pasticceria italiana, non che io mi adegui completamente. Sono qui proprio per questo”, spiega.
Guardando al futuro del settore, infine, Fanella individua una direzione chiara: “Una pasticceria accessibile a tutti, con alternative per intolleranze e allergie, ma che mantenga la qualità di un dolce tradizionale. Ci sto lavorando parecchio, è una grande sfida ma ci credo molto”.