VARSAVIA - "Il futuro della Polonia ci riguarda" aveva scritto sui suoi social, lo scorso 8 agosto, il presidente della Polonia, Andrzej Duda, annunciando ai polacchi l'appuntamento con le urne per il rinnovo del parlamento, il 15 di ottobre.
A un mese dalle elezioni è sempre più evidente che quella consultazione riguarda davvero tutti, fuori e dentro l'ex satellite sovietico, oggi il più grande alleato di Washington: sia perché con la guerra in Ucraina è emersa la centralità strategica di questo Paese, per l'Unione europea e per la Nato, sia perché Bruxelles guarda con crescente sospetto le politiche sovraniste antiliberali di Varsavia, la 'pecora nera' dell'Ue.
Una eventuale terza riconferma del governo nazional-conservatore di Diritto e Giustizia (Pis), un risultato record per un premier polacco, darebbe tuttavia nuovo vigore al braccio di ferro con Bruxelles che ha sempre considerato Varsavia un 'sorvegliato speciale' per il rispetto dei diritti e per la gestione dei migranti, tanto da congelare come 'contromisura' quasi 36 miliardi di euro che erano destinati a Varsavia per la ripresa economica post-pandemica.
Dopo le elezioni che in luglio hanno consegnato a Madrid un 'nulla di fatto' (con il rischio di tornare alle urne prima di Natale) le elezioni polacche del 15 ottobre e quelle che si terranno in Olanda, a novembre, dopo le dimissioni a sorpresa del premier liberale Mark Rutte, potrebbero innescare un decisivo rimescolamento di carte a pochi mesi dalle elezioni europee, a giugno 2024, e dal rinnovo della Commissione europea (novembre 2024). In una congiuntura globale segnata dal ripensamento degli equilibri e da un preoccupante 'disordine' mondiale, i futuri assetti di potere in Europa e, soprattutto, ai confini dell'Ucraina evidentemente non possono essere 'a impatto zero'.
Ad agosto, poco dopo l'annuncio delle elezioni, i sondaggi segnalavano una buona tenuta del partito di governo, il Pis, con oltre il 35% dei consensi, in vantaggio sulla coalizione civica (Ko), il centro-destra, guidato dall'ex premier, già presidente del consiglio europeo, Donald Tusk, dato intorno al 30%.
Nelle rilevazioni di questo mese, tuttavia, entrambi i due partiti polacchi 'forti' hanno subito lievi flessioni di consensi, a differenza della Confederazione (Konf) dei partiti di destra estrema che ha più che raddoppiato i consensi rispetto al 2019, sfiorando il 14%, circa 2 punti percentuali in più da agosto.
Anche Lewica, l'unico partito di centro-sinistra del Paese con consensi a due cifre, sta scendendo nelle preferenze di voto dei polacchi e ora, secondo il portale wPolityce.pl, si assesterebbe intorno al 7%.
Intervenendo al 32mo Forum economico di Karpac, la cosiddetta Davos dell'Est, il viceministro delle Finanze polacco, Artur Sobon, ha tranquillizzato migliaia di analisti ed esperti del settore sulle performance economiche del Paese che, ha affermato, "rallenteranno nel 2023 ma non ci sarà recessione".
I fondamentali del Paese, a dispetto delle tensioni globali e della vicina guerra restano, a sua detta, sani con un "basso tasso di disoccupazione, un export in ripresa, salari medi e investimenti lo stesso in crescita".
Il 15 ottobre è prevista peraltro una buona partecipazione al voto e questo non meraviglia gli osservatori: in concomitanza con le politiche i polacchi si esprimeranno anche su quattro controversi requisiti referendari che, a detta dell'opposizione, la destra populista del Pis è riuscita a far approvare al Parlamento "per minimizzare i costi" del voto (tutte le operazioni saranno infatti supervisionate da una sola commissione elettorale).
Si tratta di quattro quesiti - spiegano gli osservatori - che sono anche punti cruciali del programma del Pis: sulla 'svendita' agli stranieri di settori strategici dell'economia; sul contestatissimo innalzamento dell'età pensionabile a 67 anni per uomini e donne; sulla rimozione della barriera alla frontiera fra Polonia e Bielorussia e sul meccanismo europeo di ricollocamento dei clandestini.