MONTEVIDEO - Giovedì sera, nella sala dell’Istituto Italiano di Cultura gremita di persone, è stato presentato il libro “La Cocina italiana en Uruguay”, nata da un’idea dell’Ambasciata italiana di Montevideo, con la collaborazione di moltissime associazioni italiane del Paese, il cuoco Sergio Puglia, alcuni ristoranti tradizionali, e la curatrice Cristina Dalla Vecchia.
L’incontro è stato aperto dalla direttrice dell’Istituto Italiano di Cultura, Silvia Merli, che dopo aver dato il benvenuto e ringraziato il pubblico e i vari attori che hanno collaborato alla riuscita del progetto, ha ricordato che “la gastronomia non è solo legata all’atto di mangiare in sé, ma anche alla condivisione di una eredità culturale”.
“Come tutti sanno in Uruguay sono stati tantissimi gli immigrati italiani che quando sono arrivati hanno lasciato la loro impronta nel patrimonio gastronomico”, spiega la direttrice, rimarcando che “il libro vuole essere anche un omaggio a tutti questi nostri antenati che, assieme alle famiglie e ai beni materiali, hanno portato in Uruguay anche ‘beni non materiali’, come li definisce l’Unesco, che ha riconosciuto nel 2010 la Dieta Mediterranea come patrimonio culturale dell’umanità”.
Dopo l’introduzione di Merli, ha preso la parola l’ambasciatore, Giovanni Iannuzzi, che ha spiegato che il libro nasce perché “parlandone in ambasciata, e anche privatamente in casa con mia moglie, abbiamo notato che tutto quello che conoscevamo di cucina italiana in Uruguay meritava di essere valorizzato e raccontato, chiamando a collaborare tutte le associazioni italiane, che portano con loro tutta l’eredità dei loro antenati”.
“Addirittura, ci sono state case editoriali che volevano pagarci per fare questo libro, ma un’ambasciata non può farsi pagare per questo, perché non può essere una questione di guadagno. Il libro è vostro, e per questo da questo pomeriggio sarà online disponibile per chi lo voglia leggere”, chiarisce l’ambasciatore, sottolineando che “a parte il lavoro materiale c’è stato l’appoggio che ci è stato fornito da fuori dell’Ambasciata. Sergio Puglia ha spinto molto per questo progetto, e per questo lo ringrazio moltissimo, perché ci ha aiutato un sacco”.
Iannuzzi ha concluso il suo intervento ricordando di ritirare una copia del libro gratuitamente all’uscita, e ringraziando le associazioni e i presenti: “Grazie per essere venuti e per esservi riuniti con noi, ci avete scaldato l’anima”.
Ha quindi preso la parola il famoso chef e comunicatore Sergio Puglia, ringraziando l’ambasciatore per averlo coinvolto nel progetto, rimarcando che “il lavoro non è stato lavoro, è stato piacere, piacere e piacere!”.
“Quando l’ambasciatore e sua moglie Anna mi hanno chiamato e proposto l’idea ho pensato che fosse una cosa fantastica avere l’occasione di immergermi in quello che significano le nostre radici”, ha raccontato Puglia, sottolineando che “i migranti che sono arrivati in questo paese hanno lasciato tracce nella nostra identità, di diverso tipo. Gli italiani, assieme agli spagnoli, sono sicuramente la base della crescita di quello che siamo come nazione”.
“In particolare dagli italiani abbiamo imparato che la tavola è un luogo di ritrovo, per condividere, discutere, litigare, ridere, bere e per costruire qualcosa che è fondamentale, il nucleo familiare”, spiega il cuoco.
Puglia rimarca che “quella che qui chiamiamo ‘cucina italiana’ è in realtà una ‘cucina bastarda’”, nel senso che “le cucine regionali non viaggiano se non viaggiano gli ingredienti. Quello che hanno fatto gli immigrati italiani è rieditare le ricette, attraverso la ‘memoria gustativa’, con altre materie prime che sono diverse da quelle originali”.
“Quindi entra in gioco un dubbio di tipo semantico: è cucina italiana o non è cucina italiana?”, si chiede il cuoco, ricordando che fino agli anni ‘90 quasi non si trovava nessun prodotto originale italiano in Uruguay.
La risposta, secondo Puglia è che “l’importante è che le persone sentivano che questa cucina che i migranti italiani ci hanno lasciato, che per il purista magari non viene considerata come la ‘vera’ cucina italiana, era la cucina italiana dell’estero. E grazie a noi e ai nostri nonni questa cucina ottiene la cittadinanza, una parte fondamentale della nostra identità”.
“Viva Italia e viva la cucina italiana!”, ha concluso Sergio Puglia dopo aver ringraziato nuovamente l’ambasciata e alla collettività per lo sforzo impiegato nella stesura del libro.
Cristina Dalla Vecchia, curatrice del progetto ha poi preso la parola, “credo che sia il primo libro di questo tipo in Uruguay, ma spero il primo di molti altri”.
“Gli autori del libro sono tutti membri delle associazioni dell’Uruguay, di diverse età e contesti di provenienza, e per questo le ricette sono molto eterogenee in stile e forma, ma l’unica cosa che importa è che siano autentiche”, spiega Della Vecchia, che ha scritto la prefazione del volume, nella quale cita una frase del filosofo e antropologo Claude Lévi-Strauss, che sosteneva che “la cucina di una società è il linguaggio attraverso cui questa traduce incoscientemente la sua struttura”.
“Questo libro è un omaggio a tutte quelle valorose persone che hanno attraversato l’oceano portando qui le loro ricette, e che una volta scoperta la cucina e la tradizione uruguaiana, grazie all’integrazione nella società, hanno dato vita a una loro cucina caratteristica. Per questo ci sono ricette italiane, e quelle stesse ricette ‘trasformate’ in italo-uruguaiane”, conclude la curatrice.
Il libro si trova disponibile gratuitamente sul sito dell’Ambasciata d’Italia a Montevideo per chiunque sia interessato a leggerlo: https://ambmontevideo.esteri.it/wp-content/uploads/2023/11/13-11-2023altaLaCocinaItalianaenUruguay.pdf