SYDNEY – Mentre il governo statale del New South Wales continua a difendere la risposta operativa delle forze dell’ordine, il governo federale annuncia un possibile inasprimento delle norme australiane in materia di armi da fuoco.

La polizia del New South Wales ha confermato che l’attentatore più anziano, Sajid Akram, deteneva regolarmente sei armi da fuoco, utilizzate insieme al figlio Naveed, per colpire la folla riunita a Bondi per celebrare l’inizio della festività religiosa ebraica dell’Hanukkah – la Festa delle luci. L’uomo aveva avuto accesso alle armi nonostante un’indagine dell’agenzia di intelligence ASIO che nel 2019 aveva coinvolto il figlio per presunti legami con lo Stato Islamico.

Il primo ministro Anthony Albanese ha annunciato l’intenzione di sottoporre con urgenza ai leader statali e territoriali una proposta per rafforzare la normativa sul controllo delle armi da fuoco. Tra le ipotesi allo studio figurano limiti più stringenti sul numero di armi detenibili, controlli periodici obbligatori sulle licenze e una revisione dei criteri di idoneità nel tempo. “Le circostanze delle persone possono cambiare, così come i livelli di rischio.

Le licenze non possono essere concesse a tempo indeterminato”, ha chiarito Albanese, e il tema è stato affrontato in una riunione straordinaria del Consiglio intergovernativo. Anche il premier del New South Wales, Chris Minns, ha annunciato una revisione delle leggi statali e non ha escluso la convocazione del parlamento per approvare rapidamente eventuali modifiche.

“Se non sei un coltivatore o non lavori nel settore agricolo, perché dovresti possedere armi così potenti?”, ha detto, aprendo a un confronto più ampio sulla finalità e sulla proporzionalità del possesso di armi da fuoco. Nel frattempo, la polizia ha respinto le critiche sulla gestione dell’intervento, dopo le testimonianze di alcuni presenti che avevano parlato di attese prolungate per i soccorsi.

Il commissario Mal Lanyon ha sottolineato che agenti erano già sul posto nell’ambito di un piano di sicurezza concordato con la comunità ebraica e che la risposta è stata immediata. Intanto, in tutto il Paese è stata rafforzata la presenza delle forze dell’ordine nei luoghi di culto, scuole e durante eventi pubblici. 

Sul piano internazionale, l’attacco ha provocato una vasta ondata di reazioni e messaggi di solidarietà dai leader di Regno Unito, Francia, Germania, Ucraina, Canada e Stati Uniti oltre che dalla presidente del Consiglio italiana Giorgia Meloni e dal segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres. In una dichiarazione separata, il Qatar ha condannato l’attacco senza fare riferimento al movente antisemita.

Dal canto suo, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha attaccato Anthony Albanese accusandolo di avere una responsabilità politica indiretta sull’attentato “gettando benzina sul fuoco dell’antisemitismo” e per aver agito in modo accondiscendente e debole.

Nella giornata di martedì, l’ambasciatore israeliano in Australia, Amir Maimon, accolto dai leader della comunità ebraica ha visitato il luogo della strage: “Non sono sicuro che il mio vocabolario sia abbastanza ricco per esprimere come mi sento”, ha detto. Sono state migliaia le persone a rendere omaggio alle vittime di Bondi Beach nei giorni scorsi, tra loro anche l’ex primo ministro John Howard, responsabile nel 1996 di una delle riforme più radicali sul controllo delle armi nella storia australiana.