La ribellione fa parte dei nostri diritti umani fondamentali. Infatti, possiamo capire, come adulti, che la ribellione è un atteggiamento universale e necessario ma anche in tal caso, dove e quando impariamo a ribellarci? Infatti, il tema fiorisce prima nei nostri libri amati da piccoli – per esempio, nel patrimonio dell’immaginario occidentale, altrimenti conosciuto come Pinocchio, nel suo anagramma Occhiopin e anche nelle Storie della buonanotte per bambine ribelli. Tra i suoi disegni semplici e le sue trame lineari, la letteratura infantile ci presenta comunque con idee complesse, una fra tutte l’idea di ribellione.

Di solito vediamo la ribellione come “la reazione conseguente a uno stato di esasperata soggezione o costrizione”, ma se volessimo mettere in discussione l’importanza della ribellione, dovremmo aggiungere “un po’ di succo” a questa definizione di Google. In particolare, dobbiamo riflettere su che cosa sia un ribelle. Per me, il ribelle è una persona “decisa a opporre resistenza”. Il suo intento è “dare battaglia”, colui che ha “un rapporto profondo con la libertà”, il che si esprime oggi nell’intenzione di contrapporsi alle autorità.

Allora dove aggiungiamo i bambini? Oggigiorno i bambini sono capaci di capire più cose di quante ne potevamo conoscere noi, ma solo se noi adulti li supportiamo con gli strumenti giusti. Infatti, abbiamo la responsabilità di “costruire” la mente di un bambino, come Geppetto ha fatto con Pinocchio, suo figlio di legno.

Da un punto di vista infantile, curioso e ingenuo, i bambini che si ribellano, come Pinocchio, lo fanno per cercare risposte alle domande che gli adulti non sanno articolare.

Magari i bambini non hanno ancora trovato i giusti stimoli e ciò che può appagarli nella vita, ma hanno comunque il medesimo diritto di trovare quelle risposte da soli. Naturalmente, la gioventù è una fase nella quale abbiamo il desidero di capire e trovare il senso della vita e di ciò che ci circonda e suppongo che la ribellione infantile sia la metamorfosi dei valori che troveremo alla fine, nella adolescenza e nell’età adulta. Effettivamente, penso che la ribellione di Pinocchio non sia né positiva né negativa, è solo un percorso necessario dell’infanzia. Anche se l’autore suggerisce che la ribellione abbia conseguenze negative, mi pare ovvio che i bambini debbano sperimentare cose sbagliate per imparare dai loro errori, mettendo in pratica il concetto che la ribellione è una parte fondamentale della crescita. So che Pinocchio sarebbe ancora innocente, ingenuo e incapace se non si fosse ribellato e magari resterebbe comunque un bambino perso nella confusione della vita reale. 

Contrariamente, uno che non vuole perdersi e cadere vittima del conformismo nella vita appare in Occhiopin, un libro che trasforma la storia originale di Collodi per riflettere su un mondo più moderno, quasi 120 anni dopo il mondo di Pinocchio. Occhio-pin, come dice il suo nome, segue la stessa storia e trama di Pin-occhio però è scritto al contrario. Il protagonista cerca di scappare dalla vita materialistica quando invece Pinocchio, nella storia di Collodi, vuole limitarsi solo alle norme sociali quando vuole diventare un ragazzo vero. In questo senso, Occhiopin, essendo un adolescente, ci viene presentato pieno di angoscia, e l’adolescenza come uno stadio di intervallo nella costruzione dell’identità sociale della persona. Alla fine, Occhiopin si rende conto di non riuscire ad adeguarsi a tutti gli altri, quindi lotta per quello in cui crede. 

La ribellione infantile come appare in Pinocchio, in Occhiopin è differente poiché il protagonista è già uscito da questa fase della sua vita. Infatti, il messaggio nascosto che Occhiopin lascia ai ragazzi è che l’adolescente è il risultato della società in cui vive e di ciò che questa gli consente di fare. Però è essenziale capire che esistono comunque le scelte individuali di una persona, le quali ci rivelano che il gioco della gioventù è libero e ci sono molteplici mosse possibili, ma soltanto se i bambini vogliono metterle in azione. Per esempio, quando Occhiopin tinge i suoi capelli, lo fa non perché non sa come funziona la società, come Pinocchio, anzi sa bene come funziona, ma lui lo fa per essere diverso. 

Mi è piaciuta un sacco la storia di Occhiopin, poiché ci dà l’opportunità di riflettere sul fatto che il periodo adolescenziale è in sostanza una sorta di sospensione condizionata per la costruzione della propria identità, uno stato in cui il soggetto è obbligato a essere qualcosa di indeterminato. Dubito che Occhiopin sia sicuro di quale tipo di persona voglia diventare da grande ma, per come la vedo io, una cosa è chiara: Occhiopin vuole rappresentare i suoi valori, piuttosto che i valori bigotti del suo paese. 

Come Occhiopin, c’è un’altra storia più moderna che racconta le vite reali delle donne ‘ribelli’ e che rappresenta anche l’importanza di lottare per ciò in cui crediamo e per ciò che per noi viene prima di tutto. Questo concetto si vede nelle Storie della buonanotte per bambine ribelli, che ai miei occhi il titolo dovrebbe essere Le storie della buonanotte che tolgono gli stereotipi fondati sul genere, dimostrando ai ragazzi – maschi e femmine – che il coraggio non ha genere.

Infatti, secondo me, la donna che dimostra che il coraggio non è una cosa soltanto per maschi è Claudia Ruggerini, soprannominata “la partigiana Marisa”, una ragazza italiana che a ventun anni, durante la dittatura di Mussolini, decise di gettarsi sotto falso nome nella lotta partigiana contro il fascismo.

Siccome Ruggerini crebbe in un periodo dove nessuno poteva esprimere le proprie opinioni, desideri e valori, specialmente se questi si fossero scontrati contro quelli di Mussolini, Claudia Ruggerini ha cercato altre strade per trovare libertà – in un senso letterale, infatti faceva la messaggeria in bici. A quel tempo, l’unica cosa che sosteneva Ruggerini fu il suo sogno di libertà e per ciò, si unì a un gruppo di partigiani che lottavano per far crollare la dittatura. Si incontravano di nascosto dopo le lezioni e i giovani studenti universitari avevano il compito essenziale di stampare un giornale clandestino. Per quasi due anni, la coraggiosa e passionale Ruggerini consegna giornali e messaggi in bicicletta da un luogo segreto all’altro, trasferendo notizie, anche se la polizia di Mussolini incombeva nella società italiana come un cumulonembo. Immagino che andare contro il capo di Stato, in questo tempo, fosse pericoloso e spaventoso ma, come diceva Ruggerini, “il desidero di combattere per la libertà è più forte della paura”. In questo senso, la sua forma di ribellione appare come disobbedienza sociale siccome fu una rivolta positiva nella società, dimostrando ai giovani che sono liberi di pensare e di agire. Anche se Occhiopin non stava vivendo sotto un dittatore, entrambi i protagonisti ci dimostrano che la vita ti dà sempre la possibilità di scegliere (come quando Occhiopin si tinge i capelli). Anche se nel bel mezzo della tirannia, quale fu il governo di Mussolini, e in una società in cui la gente non poteva esprimere le proprie opinioni, Claudia Ruggerini non smise mai di lottare in una battaglia dominata dall’uomo e questo determina il succo della sua storia: che l’esperienza del partigiano, tra tante cose, fu una straordinaria esperienza di fraternità. 

Secondo me, persone come Claudia Ruggerini e personaggi inventati, come Occhiopin, esistono per spezzare il continuum sociale. Cioè, loro si pongono, per così dire, in disaccordo con la tradizione e segnano una discontinuità rispetto alla loro società e al loro tempo, testimoniando il coraggio di guardare in faccia il male. Nella situazione di Ruggerini, credo che la sua storia sia una testimonianza della lotta per la libertà, portata avanti per uscire dalla gabbia della dittatura tirannica di Mussolini, che in realtà dimostra ai bambini, quanto alle bambine, che il coraggio non ha genere. 

Questo è in forte contrasto rispetto alle storie di Pinocchio e Occhiopin, dove sono solo i bambini e gli adolescenti a trarne beneficio. Invece, credo vivamente che Storie della buonanotte per bambine ribelli sia un testo più vasto, più profondo, dove persone di tutte le età possono imparare qualcosa, non solo giovani. Questi sono esempi di vita reale e, quindi, valgono per togliere quelle ultime briciole di tabù che ancora restano. Fin da piccoli, abbiamo pian piano modellato la nostra mente per poi farlo in automatico – come pensare che ‘le storie della buonanotte’ siano favole con i principi e le principesse, che gli adolescenti siano pieni di angoscia e che bambini siano cattivi invece che curiosi.

Secondo me, se fossimo disposti a mettere in discussione con le bambine e anche con i bambini il fatto che ci siano ancora dei gruppi svantaggiati, toglieremmo queste differenze nel futuro, dove i ragazzi saranno in grado di creare un ambiente più equo e libero quando diventeranno adulti domani. 

Dato il recente, decentrato e globale movimento sociale che sostiene ‘BLACK LIVES MATTER’, il messaggio di Claudia Ruggerini rimane cardine per portare avanti l’evoluzione dei diritti umani fondamentali, per qualsiasi umano, senza distinzione di religione o razza.

Per concludere, lascio questo pensiero: è vero che tutti siamo divisi in gruppi e tendiamo a ribellarci l’uno contro l’altro ma è anche importante notare che, come umani, non smettiamo mai di imparare cose nuove. 

Detto ciò, abbiamo bisogno di ribellarci siccome abbiamo bisogno di evolverci, di crescere e di diventare persone migliori, per noi e per gli altri. Se ribellarsi non fosse giusto, quale pensiero, opinione o morale avremmo? 

Il saggio è stato preparato da Nina per gli esami di maturità.