La Hulpe (Belgio) - “Quello che proporrò è un cambiamento radicale”. Parola di Mario Draghi, che lunedì è intervenuto a La Hulpe, in Belgio, a una conferenza organizzata dalla presidenza di turno del Consiglio dell’Unione Europea. A inizio 2024, l’ex premier ed ex presidente della Bce è stato incaricato da Ursula von der Leyen di elaborare un rapporto sul futuro della competitività dell’Unione. Un incarico da “super-consulente”, che ha portato Draghi a incontrare diversi leader delle principali aziende di settore, ma anche dei principali sindacati. “Abbiamo bisogno di un’Unione Europea che sia adatta al mondo di oggi e di domani. Quello che proporrò nel mio report è un cambiamento radicale”, ha detto senza usare troppi giri di parole.
A dirla tutta, Draghi non è l’unico ex premier italiano a cui la Commissione europea ha chiesto aiuto. Anche Enrico Letta ha ricevuto un incarico: elaborare un report sul mercato unico, che dovrebbe essere presentato questa settimana. In una bozza del documento, l’ex segretario del Pd auspica la creazione di un’Unione Europea più integrata per affrontare le sfide di un mondo in costante cambiamento. Una lettura del presente sulla quale Draghi sembra concordare in pieno, che poi ha auspicato di “ripristinare la nostra competitività”: “Non è qualcosa che possiamo ottenere da soli o gareggiando a vicenda. Piuttosto che ci impone di agire come Unione Europea in un modo che non abbiamo mai fatto prima”, ha aggiunto.
Per Draghi il primo problema è la mancanza di una strategia industriale europea per rispondere alla concorrenza di Stati Uniti e Cina: “Nonostante le iniziative positive in corso manca ancora una strategia globale su come rispondere in molteplici settori”. Durante la conferenza, Draghi fa riferimento esplicito alla concorrenza agguerrita di Pechino e Washington sui settori chiave della transizione ecologica, un tema su cui di recente anche la Commissione europea ha iniziato a darsi da fare. “Abbiamo confidato nella parità di condizioni a livello globale e nell’ordine internazionale basato su regole, aspettandoci che altri facessero lo stesso. Ma ora il mondo sta cambiando rapidamente; ci ha colto di sorpresa”, continua Draghi. “Le politiche di Stati Uniti e Cina – aggiunge – sono progettate per reindirizzare gli investimenti verso le loro economie a scapito delle nostre o, nel caso peggiore, sono progettate per renderci permanentemente dipendenti da loro”, ha evidenziando Draghi, citando come esempi il controllo di Pechino sulle tecnologie verdi e la capacità di Washington di “attrarre capacità manifatturiere nazionali di alto valore all’interno dei propri confini, compresa quella delle aziende europee”. Come si risponde a tutte queste sfide? Con una strategia europea, risponde Draghi, in grado di “proteggere le nostre industrie tradizionali dal terreno di gioco globale ineguale”.
Sempre a proposito di transizione ecologica, Draghi suggerisce un’altra possibile soluzione: combinare le politiche per il clima a piani industriali per proteggere le aziende europee. “Abbiamo giustamente un’agenda climatica ambiziosa in Europa e obiettivi ambiziosi per i veicoli elettrici. Ma in un mondo in cui i nostri rivali controllano molte delle risorse di cui abbiamo bisogno – osserva l’ex premier – tale agenda deve essere combinata con un piano per proteggere la nostra catena di approvvigionamento, dai minerali critici alle batterie fino alle infrastrutture di ricarica”.
Sul fronte della sicurezza, Draghi sprona i Paesi Ue a “intensificare gli appalti congiunti, aumentare il coordinamento della spesa e l’interoperabilità delle attrezzature, e ridurre sostanzialmente le dipendenze internazionali”.
Infine, la questione relativa ai meccanismi stessi di funzionamento dell’Unione Europea: “L’urgenza delle sfide che affrontiamo [impone di agire senza esitazioni, perché] non abbiamo il lusso di ritardare le risposte fino alla prossima modifica dei Trattati”, incalza Draghi dalla conferenza in Belgio. Il consulente della Commissione europea auspica poi la creazione di un nuovo strumento per “il coordinamento delle politiche economiche”. L’obiettivo ideale, precisa, è far sì che funzioni per tutti gli Stati membri. “Ma se arriviamo alla conclusione che non è fattibile – puntualizza –, in alcuni casi specifici dovremmo essere pronti a considerare di andare avanti con un sottogruppo di Stati, ad esempio per andare avanti sull’Unione dei mercati capitali”.