PECHINO - Ieri la Segretaria al Tesoro statunitense, Yanet Yellen, è arrivata a Pechino, cominciando una tre giorni di incontri che saranno cruciali non solo per il futuro delle relazioni tra USA e Cina, ma per il mondo intero.

Aperta dalla visita del Segretario di Stato americano, Antony Blinken, la serie di incontri ad altissimo livello tra i vertici dell’amministrazione statunitense e quella cinese, hanno infatti il delicato obiettivo di conciliare gli interessi delle  strategie economiche globali delle due maggiori potenze mondiali, che negli ultimi anni si sono divaricate a tal punto dal creare tensioni altissime e financo l’ipotesi di uno scontro militare devastante.

Da una parte infatti Washington ha decretato unilateralmente la fine dell’era della globalizzazione, virando decisamente verso una maggiore produzione interna e un sistema commerciale incentrato sulla politica cosiddetta del “friend shoring”, con relazioni sviluppate unicamente con Paesi considerati alleati. Dall’altra Pechino non è affatto intenzionata ad accettare le decisioni unilaterali americane e punta invece un sistema globale di commercio, facendo anche valere la sua posizione di creditore mondiale. 

Due sistemi che non possono non entrare in collisione e infatti la visita di Yellen è volta proprio ad esplorare le possibili soluzioni perché questa collisione non avvenga, magari immaginando un nuovo sistema che divida il mondo in blocchi, non per forza contrapposti, ma nettamente separati, anche se in qualche modo dialoganti. Alla missione della Yellen dovrebbe poi seguire quella della segretaria al Commercio, Gina Raimondo e infine, a suggellare la ripresa del dialogo, dovrebbe essere un bilaterale tra Joe Biden e Xi Jinping, a margine del G20 in India a settembre o del vertice Apec a San Francisco in novembre. 

Alla viglia della visita del segertario al Tesoro, tuttavia, nuove tensioni sono esplose a causa della decisione cinese di  limitare le esportazioni di gallio e germanio, due materie prime delle quali Pechino è la principale esportatriice mondiale e che sono essenziali per la produzione di chip per i computer. Pechino ha motivato la mossa in risposta alla decisione americana dello scorso ottobre di porre limitazioni per le aziende che esportano chip in Cina utilizzando strumenti o software statunitensi. 

Mossa subito seguita dall’Olanda, che la scorsa settimana ha annunciato che avrebbe limitato le esportazioni di alcune apparecchiature per la produzione di semiconduttori e dal Giappone, che prevede di limitare alcune delle sue esportazioni per la produzione di chip per computer.