BUENOS AIRES – Il ristorante La Stampa è parte della storia moderna di Buenos Aires, già solo considerando il nome, che fa riferimento al luogo dove era stato aperto il primo locale, che non c’è più, in una ex officina tipografica. Oggi i locali sono due, uno nel quartiere di Palermo e l'altro a Recoleta.

Il ristorante è stato sin dagli inizi un punto di riferimento della cucina italiana nella città e un luogo di ritrovo per le personalità più importanti della sfera pubblica. Dive, politici e idoli popolari, tra cui l’attrice Mirtha Legrand, madrina della sede in via Salguero, e Diego Maradona, habitué della sede alla Recova, dove è esposta un'installazione artistica in suo onore

Il primo ristorante è stato aperto nel 1988 da Felice Ambrosio, che arrivò giovanissimo da Napoli in Argentina. Il padre, Francisco Ambrosio, che era parrucchiere, immigrò a Buenos Aires nel 1949 e due anni dopo fece arrivare sua moglie, Erminia, e i suoi tre figli, Antonio, Josefina e il piccolo Felice, che all’epoca aveva solo 11 anni. 

Felice è cresciuto in Argentina dove ha costruito un piccolo impero gastronomico, senza mai perdere il legame con la sua terra natale. La sua famiglia è ancora fortemente legata alle proprie radici partenopee. 

Il figlio Franco ha vissuto a lungo in Italia, lavorando per il Gruppo Sebeto, proprietario di diverse catene di ristoranti, tra cui Rossopomodoro. Da alcuni anni è lui a portare avanti La Stampa, insieme al fratello Maxi.  

Hanno ereditato la passione per il settore gastronomico. Che non è solo amore per la cucina, ma anche pazienza e cura del dettaglio, requisiti necessari per offrire un buon servizio. 

A fine anno la sede della calle Salguero inaugurerà il nuovo forno e inizierà a includere la pizza napoletana nel proprio menù. La legna è già accesa ma, prima di poter offrire il prodotto al pubblico, il forno deve essere messo a punto a regola d’arte. Lo chef Carlos Contreras è nella fase delle “prove generali”:  perfezionare la ricetta, selezionare gli ingredienti, regolare i tempi di cottura. 

La pizza per i napoletani è una cosa molto seria e tutto deve essere perfettamente calibrato, dalla quantità di acqua per l’impasto (che dipende dell’umidità ambientale e viene aggiunta in funzione di calcoli complessi) alla temperatura del forno, che deve essere stabile, con una quantità esatta di gradi di calore sia sulla base di pietra dove vengono poste le pizze, sia nella parte superiore della cupola. 

Contreras è argentino, ma si è formato alla Scuola Pizzaioli, l’accademia ufficiale della tradizione napoletana a Buenos Aires. La farina utilizzata è rigorosamente italiana, la passata di pomodoro viene importata dall’Italia. La mozzarella è locale, ma della migliore qualità, per arrivare a un prodotto non distinguibile da quello che si potrebbe trovare nelle strade di Napoli. 

“Questo è il mio obiettivo” spiega Franco Ambrosio con soddisfazione. Negli anni Duemila aveva cercato di introdurre la pizza in stile napoletano a Buenos Aires, ma senza successo.

“In quel momento il pubblico argentino non era pronto – riflette – ma oggi che la pizza napoletana sta diventando sempre più popolare, è il momento giusto per riprovarci”.

A dicembre verrà organizzata una festa per inaugurare ufficialmente il forno e scopriremo se Franco avrà la sua rivincita personale e riuscirà a condividere con i suoi clienti di Buenos Aires il suo amore per la pizza di Napoli.