BEIRUT - Il primo giorno la tregua tra Hezbollah e Israele sembra reggere. Con le Forze di difesa israeliane (Idf) che hanno dichiarato di aver abbandonato i combattimenti per concentrarsi sull’applicazione dell’accordo e i miliziani filo-Iran che dalle 4 del mattino non hanno sparato un colpo.
L’esercito ebraico ha annunciato il coprifuoco dalle 17 di mercoledì alle 7 locali di giovedì vietando di attraversare il fiume Litani in direzione sud e sparando qualche colpo di artiglieria in mattinata contro movimenti sospetti.
“L’Idf è dispiegato nel Libano meridionale in conformità con la prima fase del cessate il fuoco” ha scritto sui social il portavoce dell’esercito, seguendo le istruzioni del premier Benyamin Netanyahu e del ministro della Difesa Israel Katz.
Pure l’esercito libanese ha avvertito gli abitanti dei villaggi del Sud di attendere il ritiro delle truppe prima di fare ritorno. Il divieto non riguarda le altre zone del Libano, da Beirut a Tiro a Nabatye.
Nella capitale libanese, allo scattare della tregua, la popolazione è tornata di corsa nel proprio quartiere.
Sulle strade del Libano si sono viste lunghe code, macchine riempite all’inverosimile di persone e masserizie, in viaggio verso casa.
Dall’altra parte del confine, nel Nord di Israele, secondo dati ufficiali, 12mila persone, il 20% dei residenti evacuati, hanno già fatto ritorno oggi, nonostante i danni gravi non solo agli edifici ma anche alle infrastrutture, alle fognature e alle strade.
Ora l’Idf ha 60 giorni per ritirarsi, l’esercito libanese assumerà gradualmente la responsabilità del Libano meridionale, un comitato guidato dagli Usa controllerà che l’intesa venga rispettata.
La popolazione, su entrambi i versanti del confine, ha vissuto la prima giornata di silenzio dopo l’inferno di martedì. Oggi, decine di migliaia di libanesi stanno rientrando a casa, in città e villaggi spesso devastati, a eccezione della zona di confine, ancora off-limits. L’esercito israeliano ha emesso un divieto specifico e in un post sui social media ha elencato i 10 villaggi nel sud del Libano, alla frontiera con il nord di Israele, che al momento non sono accessibili alla popolazione.
Il portavoce in lingua araba dell’esercito israeliano, Avichay Adraee, ha affermato che le posizioni dei villaggi delimitano una linea in cui è vietato l’ingresso ai residenti. “Fino a nuovo avviso, è vietato spostarsi a sud fino alla linea dei seguenti villaggi e dei loro dintorni, e anche all’interno dei villaggi stessi: Shebaa, al-Habbariyeh, Marjayoun, Arnoun, Yahmor, Qantara, Chaqra, Barashit, Yatar, al-Mansouri – ha affermato il portavoce –. Chiunque si sposti a sud di questa linea, si mette in pericolo”.
Il ritorno degli sfollati è già cominciato da ieri all’alba, ore prima dell’annuncio formale della tregua: a migliaia hanno intrapreso la via del ritorno, a bordo di auto e minibus sovraccarichi, con materassi e valigie ammucchiate sui tetti. I principali movimenti di popolazione sono avvenuti nel sud del Libano, nei sobborghi meridionali di Beirut e della Bekaa, nell’Est del Paese, roccaforti di Hezbollah; quindi, maggiormente colpite dai raid israeliani in questi ultimi 13 mesi.
Tra le rovine della periferia sud di Beirut, questa mattina i sostenitori di Hezbollah hanno brandito bandiere gialle del movimento e i ritratti del loro leader, Hassan Nasrallah, ucciso a fine settembre da Israele. “Questo eroico sobborgo ha vinto e ne siamo orgogliosi” ha testimoniato Nizam Hamade.
Il movimento sciita, decapitato dagli attacchi israeliani, ha tuttavia proclamato la sua “vittoria”, aggiungendo che i suoi combattenti “rimarranno pienamente pronti ad affrontare gli attacchi del nemico israeliano”. Ed è diventato virale il filmato postato dal figlio del defunto leader del partito di Dio Hasan Nasrallah, ucciso dall’Idf esattamente due mesi fa: nel filmato Mahdi celebra “la vittoria” tra le macerie della sua casa di Dahyeh, completamente distrutta.
Tornato a Nabatiye, nel Sud del Libano, Ali Mazraani si è detto “scioccato dalla massiccia distruzione” di questa città, che ora sembra estranea. “Nonostante l’entità della distruzione e il nostro dolore, siamo felici di essere tornati. Ci sentiamo rinati” ha detto Oum Mohamed Bzeih, una vedova di 44 anni che ha ritrovato la sua casa devastata nel villaggio di Zebqine.
Circa 900.000 persone sono state sfollate in Libano e 60.000 nel nord di Israele, in fuga soprattutto dallo scorso settembre, quando si è intensificato lo scontro tra l’esercito israeliano e Hezbollah.
Gli effetti politici della tregua si sono visti subito: “Speriamo che questo accordo apra la strada a un’intesa che ponga fine anche alla guerra a Gaza” ha dichiarato il funzionario di Hamas Abu Zuhri. Nel mentre, le milizie filoiraniane che operano in Iraq hanno detto di star valutando la possibilità di smettere di sparare razzi contro Israele. Oggi il negoziatore di Biden, Amos Hochtstein, ha parlato per la prima volta in pubblico dell’accordo, sottolineando che l’Iran lo ha sostenuto e potrebbe fare pressione su Hamas.