Accelerazioni specifiche nel deterioramento sono correlate a fattori genetici, che aumentano la vulnerabilità di alcuni organi e tessuti, e a fattori acquisiti modificabili. Questi includono gli stili di vita, l’obesità addominale, l’alterazione del microbioma intestinale, l’uso inappropriato di antibiotici e cortisonici, le patologie intestinali, inclusa l’aumentata permeabilità a tossici, batteri e molecole complesse, lo stress ossidativo, la senescenza cellulare e, per la pelle, l’effetto distruttivo dell’eccesso di sole (“fotoaging”), ma anche del fumo, killer di bellezza e di salute, non solo cutanea.
Risultato? Questi fattori accelerano l’infiammazione, il più potente nemico dell’invecchiamento in salute. Al punto che il termine “inflammaging”, invecchiare infiammati, è la parola chiave scientifica sull’invecchiamento, fin da quando fu introdotta nel 2000 da Claudio Franceschi, brillante immunologo dell’Università di Bologna. In parallelo, si è affermato il termine di infiammazione metabolica (“metainflammation”) per sottolineare l’accelerazione di invecchiamento legata a errori nutrizionali e a patologie dismetaboliche come il diabete e l’obesità. In termini pratici: «Attenzione, più siete infiammati, peggio invecchiate»
Bisogna ridurre l’infiammazione se vogliamo investire davvero in longevità in salute: il più potente (e il più trascurato) investimento che ciascuno di noi può fare sulla propria vita. Ciascuno di noi dovrebbe quindi farsi un check-up periodico, che comincia con un sano esame di coscienza relativo ai propri stili di vita e a un obiettivo (e spesso impietoso) autoesame, guardandosi allo specchio. Lo stato della nostra pelle è un eccellente testimone della qualità dei tessuti sottostanti, del livello di infiammazione che li caratterizza e della distruzione sinistra e pervadente che ne deriva. Una “brutta pelle”, in uomini e donne, è un fattore di allarme sull’intera salute, e, nello specifico, sulla velocità dell’invecchiamento e del deterioramento tessutale associato. Merita ricordare che infiammazione deriva dal latino “in-flammare”, mettere a fuoco, ben indicando il microincendio biologico cronico e distruttivo che caratterizza appunto l’invecchiamento patologico.
Perché la pelle? Perché «Nulla è più profondo di ciò che appare in superficie», come ben diceva il filosofo Friedrich Hegel. Un problema chiave dell’invecchiamento della pelle è la perdita della sua funzione di barriera, con ridotta abilità di proteggere il corpo dalle aggressioni esterne, mantenere l’idratazione e preservare l’integrità di tutte le sue componenti anatomiche e funzionali. La salute del microbioma cutaneo, ossia dell’insieme di microrganismi che vivono sulla cute e sulle mucose, è un fattore critico nel modulare l’invecchiamento, in parallelo al potente microbioma intestinale. Il microbioma cutaneo svolge anche una funzione di scudo invisibile e prezioso, che va a rinforzare il ruolo dei cheratinociti, le cellule che compongono lo strato più superficiale della cute, e delle altre cellule e strutture sottostanti, fra cui cellule immunitarie, vasi e nervi. Per restare più in salute, dovremmo tenere i nostri triliardi di microrganismi amici in stato di equilibrio dinamico, ossia in “eubiosi”.
Di converso, quanto più la situazione di queste popolazioni invisibili e potenti è alterata (“disbiosi”), tanto più l’invecchiamento viene accelerato a livello sia intestinale che cutaneo.
In pratica, che cosa dovremmo fare dopo una prima analisi della nostra visibilissima pelle? Migliorare con costanza gli stili di vita, senza “se” e senza “ma”, a cominciare dall’alimentazione, prima regista dell’eubiosi del microbioma intestinale e cutaneo. Massima riduzione di zuccheri semplici, alcol e grassi saturi, tutti tremendamente pro-infiammatori, e scelta di cibi freschi, di stagione. Limitare e proteggere l’esposizione al sole, fin da bambini, perché essa si associa non solo all’accelerazione dell’invecchiamento, ma anche alla perdita del corynebacterium, un microrganismo che nella cute ha lo specifico compito di limitare i danni da raggi ultravioletti. Preservare l’idratazione cutanea, evitando i detergenti distruttivi: quelli che fanno più schiuma sono in assoluto i peggiori. Meglio quelli con pH lievemente acido e non schiumogeni. Ottime le creme idratanti che mantengano il contenuto protettivo di lipidi nello strato corneo.
Accanto a sobrie scelte alimentari, prebiotici, probiotici e simbiotici aiutano l’eubiosi del microbioma intestinale e cutaneo, che lavorano in sinergia se sono in equilibrio, grazie anche all’ottimizzazione delle difese immunitarie.
Allearci ai nostri diversi microbiomi premia insieme la bellezza della pelle e la longevità in salute.
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