CANBERRA – “Votare per il riconoscimento costituzionale degli aborigeni e degli isolani dello Stretto di Torres attraverso l’approvazione della consulta proposta dal governo, aggiungerà qualcosa di positivo alla Costituzione, piuttosto che rimuovere qualcosa di negativo. Il referendum del 2023, infatti, riguarda due cose essenziali: riconoscimento e consultazione”.
È quanto sostenuto dal primo ministro Anthony Albanese alla conferenza Chifley 2023 tenutasi ieri al circolo nazionale della stampa a Canberra.
“Nel chiedere agli australiani di sostenere una modifica alla Costituzione che istituisca una voce aborigena e degli isolani dello Stretto di Torres, invitiamo le persone a dire di sì a un cambiamento piccolo ma significativo. Non una proposta radicale, ma una proposta sensata. Un principio semplice, vitale e pratico: che gli aborigeni e gli abitanti delle isole dello Stretto di Torres abbiano voce in capitolo nelle politiche e nelle decisioni che riguardano la loro vita”. E questo, secondo Albanese, non solo perché è cortesia comune consultare le persone quando si prende una decisione che riguarda la loro vita, “ma perché i risultati pratici saranno migliori”.
A conferma di quanto sostiene, cioè di come la consulta potrà portare benefici al sistema australiano nella sua interezza, il primo ministro, nel suo intervento, ha citato il modello di Justice Reinvestment a Bourke, co-progettato dagli aborigeni, in cui la comunità si assume la responsabilità della riabilitazione dei giovani delinquenti piuttosto che mandarli in prigione. “Indovinate cos’è successo? I reati minorili sono diminuiti. I tassi di scolarizzazione dell’anno 12 sono aumentati. La violenza familiare è diminuita. E anche la recidiva ridotta”, ha spiegato il primo ministro aggiungendo che la comunità locale “ha usato la propria voce per spezzare un circolo vizioso. E questa voce è stata ascoltata e rispettata. Il risultato è stato che molte vite umane sono state così salvate”.
Il risultato del modello applicato a Bourke, secondo Albanese, non dovrebbe essere “un’eccezione da ammirare, ma l’approccio predefinito sul quale confrontarsi. Fino a oggi abbiamo applicato modelli diversi, con decisioni prese a Canberra, con le migliori intenzioni, ma supponendo che un’identica scelta andasse bene per tutti. E, nel fare questo, abbiamo ignorato la saggezza della nostra comunità”.
“Approvare una consulta, una Voce, nella nostra Costituzione rappresenta la nostra migliore possibilità di cambiare le nostre politiche rispetto a molte cose, perché potremmo contare sul supporto e sul giudizio degli aborigeni e degli abitanti delle isole dello Stretto di Torres”.
Albanese ha poi fatto un passo indietro nella storia australiana riflettendo sul referendum del 1967, che consentì agli indigeni australiani di essere conteggiati nella popolazione e al Commonwealth di elaborare leggi per loro, rimuovendo la sezione della Costituzione che diceva “i nativi aborigeni non devono essere conteggiati”.
“Nel 1967, il 90% degli australiani ha votato per rimuoverlo. L’hanno visto per quello che era: una reliquia dannosa e discriminatoria che non esprimeva l’Australia in cui credevano”, ha sottolineato il primo ministro.
“Nel 2023 la nostra generazione può andare oltre. Invece di rimuovere un provvedimento che non esprime più quello che siamo, possiamo agire per costruire il futuro che vogliamo. Possiamo votare non per rimuovere qualcosa di negativo, ma per aggiungere qualcosa di positivo. Riconoscere gli aborigeni e gli isolani dello Stretto di Torres in quello che è il certificato di nascita della nostra nazione: la Costituzione” ha concluso Albanese.