Troppo presto per parlare, come qualche opinionista soprattutto del gruppo Murdoch, ha già cominciato a fare di un Albanese destinato ad emulare l’insuccesso del governo Scullin, ufficialmente l’ultimo a non riuscire ad ottenere il quasi automatico secondo mandato. Era il 1931 e va bene per la storia perché, a dire il vero, specie ultimamente sono stati parecchi i primi ministri che l’automatismo del bis popolare non l’hanno avuto: John Howard, per esempio, ha ‘perso’ le elezioni del 1998 come numero di voti, ma la Coalizione è riuscita a rimanere in sella grazie ad una scaltra campagna di sopravvivenza, concentrando l’attenzione e le risorse in alcuni seggi-chiave. Bis negato dallo stesso partito di appartenenza anche a Kevin Rudd che, nel 2010, è stato costretto a passare a Julia Gillard la ‘difesa del titolo’. Anche in questo caso però il governo non ha ottenuto un secondo mandato direttamente dalle mani degli elettori, ma è stato costretto ad appoggiarsi ai verdi e a due ex conservatori, diventati indipendenti, Rob Oakeshott e Tony Windsor. 

Neanche per Tony Abbott la possibilità di ottenere un secondo mandato. Dopo la vittoria schiacciante del 2013 i liberali si sono affidati a Malcolm Turnbull che, nel 2016, ha evitato un nuovo 1931 aggrappandosi ad un solo seggio di maggioranza, dopo averne persi 14 in una volta sola. Anche a lui però negata, nel 2019, la possibilità dell’automatismo di un secondo mandato. E’ stato scalzato prima di arrivare alle urne, per un improbabile raddoppio, da Scott Morrison via sfida lanciata da Peter Dutton.

Anthony Albanese indubbiamente marcia male: al giro di boa il suo governo ha perso parecchio smalto e credibilità, la Coalizione si è incredibilmente appaiata (secondo i sondaggi sulle intenzioni di voto) e Dutton sta dando l’impressione di essere un po’ meno ineleggibile di quello che si poteva immaginare soltanto un anno e mezzo fa, ma è una rimonta costruita sull’incapacità degli avversari invece che sulle proprie proposte, quindi è un po’ presto per i pronostici di far cadere il record del 1931 o di un altro Rudd, Abbott o Turnbull perché Albanese è protetto, nel suo incarico, dalla riforma a difesa della leadership, voluta dai laburisti su insistenza di Rudd al suo breve ritorno sul ponte di comando nel 2013.

Certo che il materiale non manca al leader dell’opposizione per cominciare a passare dalle critiche ad un’alternativa che impone visione e assunzione di responsabilità. Le stelle sono ben allineate e riguardano temi tutto sommato tradizionalmente ‘favorevoli’ ai conservatori: sicurezza dei confini, economia, esteri e difesa, costi energetici alimentati da una accelerazione a tavoletta sulle rinnovabili. 
Che le cose non vadano bene su ognuno di questi fronti è davanti agli occhi di tutti, ma per una reale competitività che non si basi solo su, dopotutto, facili critiche ci vogliono risposte concrete da proporre all’esame popolare. Troppo presto sembra essere la strategia adottata dalla Coalizione, per ora basta mantenere i riflettori puntati sui problemi e chiedere al governo: di continuare l’uso di gas e carbone fino a quando non ci sarà una completa garanzia di avere abbastanza produzione di energia pulita e un concreto abbassamento dei prezzi; di ridurre i flussi immigratori per cercare di non mettere ulteriori pressioni sul mercato abitativo senza però privare il Paese dei necessari arrivi di specializzati per alcuni settori; di passare dalle parole ai fatti su sommergibili, navi, aerei, munizioni, radar, missili per le forze della difesa in modo che possano essere adeguate alle esigenze del momento;  una risposta urgente per far rientrare i rischi creati dalle decisioni dell’Alta Corte di mettere in libertà decine di persone colpevoli di gravissimi reati ed evitare che il numero degli individui che non si possono tenere in detenzione a tempo indeterminato aumenti ancora.

Altra legge pasticciata in arrivo, già mercoledì, con la doppia responsabilità di rispettare la separazione dei ruoli (magistratura e parlamento) e di difendere gli interessi e la sicurezza dei cittadini, con l’opportunismo poliico di tutti i colori che complica ogni cosa.
Con la guerra che è ripresa immediatamente dopo un cessate il fuoco che ha permesso di liberare decine di ostaggi presi da Hamas nella tragica giornata del 7 ottobre che ha scatenato l’inferno a Gaza, la Coalizione si farà certa di non mollare la presa su tutte le inquietudini ideologiche che tormentano i laburisti nei riguardi di Israele e della sua risposta all’attacco terroristico di quasi due mesi fa.
Impossibile invece  per Albanese recuperare qualche credibilità sull’imbarazzate mala-gestione della crisi causata dai sonar cinesi usati nelle vicinanze di una nave australiana mentre c’erano sommozzatori che facevano riparazioni allo scafo,

Due feriti e un lungo silenzio nella divulgazione della notizia per dare il tempo al primo ministro, impegnato nel vertice Apec a San Francisco, di non doverne parlare con Xi Jinping. O perlomeno di avere una buona scusa per non averlo fatto, dato che è impossibile che il leader laburista non fosse stato immediatamente messo al corrente del grave incidente. Un temporeggiare tattico per non rovinare i passi avanti compiuti a Pechino nelle relazioni fra i due Paesi e, allo stesso tempo, limitare l’impatto negativo sul fronte di casa permettendo al primo ministro di ricorrere al comodo “non rivelo i dettagli di ogni colloquio bilaterale con leader di altre nazioni”. 

E ampio spazio al governo per potersi fare del male su quello che doveva essere un punto di forza della nuova gestione: la fine della ‘guerra’ elettorale sul clima. Un programma preciso di de-carbonizzazione con un approccio che dagli impegni troppo blandi di Morrison voleva passare ad un percorso coraggioso ma sufficientemente pragmatico. Invece ha vinto a piene mani la spinta verde fortemente ideologica: niente gradualità, niente programmi che tengano conto della sfera economico sociale, ma un’accelerazione affidata ad un ministro che ha voluto inserire un ambizioso obiettivo di tagli e rinnovabili già per il 2030 sulla strada, accettata da tutti, di una neutralità tecnologica da raggiungere entro il 2050. 

Così sono arrivati obiettivi intermedi piuttosto impegnativi, destinati a mettere non poche pressioni sulla transizione ecologica con categorico rifiuto all’opzione, rilanciata da Dutton, del nucleare: inopportuno, troppo caro, ‘fuori moda’, secondo Chris Bowen, con smentita immediata arrivata sabato da Dubai, dove è in corso la Cop 28 sul clima, con una ventina di paesi, tra i quali Stati Uniti, Francia e Emirati Arabi che hanno formalmente chiesto con una dichiarazione congiunta di triplicare le capacità energetiche nucleari nel mondo entro il 2050, rispetto al 2020, per limitare la dipendenza da gas e carbone semplificando il raggiungimento dello zero netto di metà secolo.

In questo caso la Coalizione ha quindi anche un’idea, per il resto, per ora, è solo demolizione: chiedere costantemente spiegazioni sfruttando i dubbi e il malcontento che circola sulle risposte al costo del denaro, all’inflazione, ai rifugiati che non si possono mandare indietro e neanche tenere in detenzione, ai movimenti che ci sembrano essere sulle coste indonesiane dei mercanti d’uomini dopo anni di pausa, sui costi del sistema assicurativo nazionale per le disabilità (NDIS). Una grande bella idea, quest’ultima, sfuggita letteralmente di mano al governo per ciò che concerne la gestione, con tanto di presunti inserimenti nel mare di milioni che circolano, di opportunisti seriali quando si tratta di nuove possibilità di ‘affari’ sponsorizzate dalle amministrazioni governative: un po’ di creatività, intraprendenza e zero scrupoli e dal pozzo dei sussidi, federali o statali che siano, qualcosa esce sempre. Il ministro responsabile del progetto NDIS, Bill Shorten, ha più volte ammesso che più di qualcosa non va nell’amministrazione del sistema e ha promesso importanti giri di vite e controlli: un piano di rinnovamento dovrebbe venire annunciato mercoledì nella conferenza tra i governi federale e statali con maggiori responsabilità e attenzioni, in cambio di milioni via GST, degli Stati. 

Istruzione, sanità, tassi d’interesse, costo generale della vita, riforme delle relazioni industriali: altri rischi e altre opportunità su entrambi i fronti politici. I laburisti devono cominciare a dare risposte concrete, la Coalizione ad accumulare informazioni e idee per andare oltre ai no di ruolo e preparare una reale agenda di governo d’alternativa. Da febbraio, si comincerà davvero a pensare al 2025 elettorale: c’è tempo per tutti per ricostruire, recuperare o cominciare ad affondare i colpi. Per Albanese un solo mandato? Per Dutton un’autentica impresa: 18 seggi in totale da strappare ai laburisti e alle nuove avversarie in casa della squadra ‘teal’. Estremamente complicato e più di qualcuno comincia ad ipotizzare un altro scenario comunque preoccupante, un ritorno al 2010 passando dal Gillard, Brown, Oakeshott, Windsor all’Albanese, Bandt, Ryan, Steggall o qualcosa del genere. Meglio non pensarci. C’è tutto il tempo per non farlo succedere.