SYDNEY - “Sono la primogenita e sono sempre stata appassionata di italiano - racconta Enza Currenti, nata a Sydney da padre siciliano e madre triestina -. Appena ho cominciato la scuola, ho deciso che sarei diventata un’insegnante. Per me è stata proprio una vocazione”.

Il suo interesse per le lingue straniere è cominciato presto, invogliata anche dalla vicina di casa che parlava francese; a 10 anni si è avvicinata formalmente allo studio dell’italiano, quando ha cominciato a frequentare le lezioni del Co.As.It., dove dedicava due ore, ogni sabato mattina, allo studio della lingua dei genitori.

Dopo la laurea in Lettere e il diploma per l’insegnamento, Currenti si è specializzata in linguistica applicata e semiotica, passione che, durante un soggiorno studio all’Università di Bologna nel 1985, l’ha spinta a bussare alla porta di Umberto Eco, sperando di incontrare di persona il suo intellettuale preferito.

Sfortunatamente Eco in quel momento non si trovava in casa, spegnendo le speranze dell’insegnante, che si è dovuta rassegnare a conoscerlo soltanto attraverso le sue opere. In classe Currenti cerca di partire sempre da una canzone, una storia o un fatto legati alla cultura italiana, nel tentativo di creare un ponte con gli studenti, un metodo che funziona bene per accendere in loro interesse.

Quando, ad esempio, è andata a visitare Roma con i suoi studenti, li ha portati alla Fontana di Trevi lasciandogli il tempo di osservare i turisti lanciare le monete nella fontana: “Ho pensato, vediamo se qualcuno prende spontaneamente i soldi e li getta, poi gli spiegherò tutto. Così, senza ricevere alcuna spiegazione sono stati lasciati liberi di esplorare questo nuovo aspetto culturale”.

Currenti ha applicato questo approccio all’insegnamento durante tutta la sua carriera, prima alle scuole superiori e poi al Co.As.It., in quello stesso corso che aveva frequentato anche lei da bambina. Tramite il Co.As.It, ha potuto insegnare in tre scuole diverse, dall’asilo all’Anno 6, creando per loro una biblioteca multimediale e introducendo la proposta per scuola bilingue, inaugurata poi a Five Dock, nel 1995.

Durante i suoi 14 anni di lavoro alla New South Wales School of Languages - che all’epoca si chiamava Open High School - ha invece creato la rivista Italiano e scuola, ideando le prime tre pubblicazioni dove ha dato voce alla storia di alcuni colleghi.

Un anno fa è entrata a far parte della squadra della scuola elementare Drummoyne Public School, dove insegna a studenti dell’Anno 6, soprattutto italiani di terza e quarta generazione che vogliono imparare la lingua dei loro nonni.

“L’italiano ai ragazzi piace moltissimo, quando iniziamo la lezione non si rendono immediatamente conto di aver già cominciato a imparare, perché si aspettano di trovare esercizi difficili da svolgere”, spiega l’insegnante, che invece cerca di stimolare l’apprendimento attraverso la musica, giochi di ruolo e attività divertenti attraverso il programma di italiano, ampiamente supportato dal preside dell’istituto Brian Dill.

In classe si cambia argomento ogni 5 minuti, per toccare diverse tematiche in un’ora di lezione: “Voglio anche che i ragazzi registrino quello che faccio, un dialogo intero che possono rifare a casa e ripetere con la famiglia, gli amici o gli stessi compagni di scuola”.

Il suo metodo include l’uso della PNL (programmazione neurolinguistica) perché, dice: “Ogni studente impara diversamente, ascoltando, scrivendo, ripetendo”.

E consiglia di far ridere i ragazzi, certamente il modo migliore per coinvolgerli.