LONDRA - Negli ultimi decenni, la figura del sommelier ha attraversato una trasformazione profonda, passando da quella di semplice conoscitore e servitore del vino a un ruolo molto più complesso e strategico, capace di coniugare competenza tecnica, sensibilità umana e visione imprenditoriale.

Oggi il sommelier è un professionista della comunicazione, un narratore di esperienze, un anello essenziale nella catena dell’ospitalità di alto livello. È una figura che unisce conoscenza del prodotto, intuito psicologico e capacità di gestione, in un equilibrio difficile tra cultura e mercato, tra eleganza e concretezza.

Tra i protagonisti di questa nuova generazione di professionisti spicca il nome di Vincenzo Arnese, direttore dei vini al Raffles Hotel di Londra e recentemente nominato numero uno tra i cinquanta sommelier più influenti al mondo dalla rivista Harpers Wine & Spirit Magazine, un riconoscimento che sancisce non solo un traguardo personale ma anche un simbolo dell’eccellenza italiana all’estero.

Nato a Napoli e cresciuto vicino a Pavia, Arnese ha costruito la propria carriera all’estero, ma riconosce che il suo approccio al vino e all’ospitalità deve molto alla cultura partenopea e all’educazione ricevuta in famiglia.

“Mi ricordo che, quando arrivavano ospiti a casa, li si trattava sempre con grande rispetto e attenzione. Mia madre diceva che bisognava trattarli con i guanti. Questo rimane dentro di noi e diventa parte del lavoro: accogliere, far sentire tutti a proprio agio, creare una connessione”.

Quella naturale propensione all’empatia e alla convivialità, che caratterizza molti professionisti italiani del settore, è diventata per Arnese una chiave di successo nel contesto anglosassone, dove il servizio di sala tende a essere più strutturato e meno istintivo. L’arte di far sentire l’ospite al centro dell’esperienza è, per lui, una qualità che non si insegna ma che appartiene alla tradizione di un Paese abituato a fare dell’ospitalità una forma di cultura.

Il suo percorso professionale è segnato da tappe significative che hanno contribuito a costruire una visione precisa di cosa significhi oggi l’eccellenza nel servizio. Dalla Svizzera, dove ha lavorato al Suvretta House e ha appreso il valore della precisione e del lavoro di squadra, all’Inghilterra, dove al Waterside Inn di Bray ha compreso “il sacrificio necessario per mantenere l’eccellenza delle tre stelle Michelin, giorno dopo giorno”, fino all’esperienza da Heston Blumenthal, dove ha affinato “l’efficienza e la capacità di coniugare servizio impeccabile e ottimizzazione delle vendite”.

Ma è all’Alain Ducasse at the Dorchesterche che Arnese individua la lezione più importante: “La qualità del servizio e dei prodotti non deve mai essere compromessa, in nessuna circostanza”. Un principio che oggi guida la sua direzione al Raffles Hotel di Londra, aperto poco più di due anni fa, dove coordina una squadra giovane e internazionale, cercando di trasmettere ai suoi collaboratori la stessa attenzione ai dettagli e la stessa passione che lo hanno portato fin qui.

Vincenzo Arnese.

Essere un sommelier d’eccellenza, spiega Arnese, significa essere un comunicatore più che un tecnico. Il vino è uno strumento, non il fine. “Non ci occupiamo solo di comprare e vendere vini, ma di creare un’esperienza, qualcosa di memorabile per il cliente”.

Il mestiere, negli anni, ha superato la figura del “guardiano della cantina” per diventare parte integrante della narrazione gastronomica di un ristorante. Oggi il sommelier è un elemento del team di cucina e di sala, un interprete capace di dare coerenza e continuità all’esperienza complessiva. “Il sommelier non è più un elemento isolato. Fa parte del tutto, crea un racconto, cura i dettagli. Ma deve mantenere l’umiltà di chi sa di essere parte di qualcosa di più grande”.

In questo equilibrio tra discrezione e protagonismo si misura la sua capacità di instaurare un dialogo autentico con il cliente, basato sull’ascolto e sull’osservazione. “Siamo un po’ psicologi dei due secondi: abbiamo pochissimo tempo per capire la persona davanti a noi, intuire cosa le piace bere e che tipo di interazione si aspetta”.

Nel descrivere il proprio ruolo, Arnese non nasconde la componente commerciale che ne fa parte integrante, ma la rilegge in chiave etica e relazionale: “Il sommelier è anche un venditore di emozioni. È un venditore silenzioso, che deve lavorare con eleganza ed efficacia. È meglio un cliente che torna dieci volte e spende 200 euro a bottiglia, piuttosto che uno che viene una sola volta e ne spende 700”. La fidelizzazione, in questa prospettiva, è frutto di autenticità e coerenza, non di strategie di marketing. È un concetto di successo costruito sulla fiducia, che si traduce in continuità e riconoscibilità.

La recente nomina di Arnese come sommelier più influente del Regno Unito, ottenuta da Harpers Wine & Spirit Magazine, rappresenta il coronamento di un percorso decennale, ma anche l’assunzione di una responsabilità nuova. “È una grande soddisfazione, ma anche una responsabilità. C’è sempre il rischio di perdersi o di diventare arroganti, ma per me questi riconoscimenti devono servire a promuovere curiosità e consapevolezza verso il mondo del vino e dell’ospitalità. Li vedo come un testimone da passare alla prossima generazione”.

All’estero, e in particolare nel Regno Unito, il vino italiano gode oggi di grande rispetto, anche se la tradizione francese resta profondamente radicata. “L’Italia è la seconda regione più rappresentata nella mia carta dopo la Francia, e questo in un Paese notoriamente francofilo è significativo”.

Le tre B – Barolo, Barbaresco e Brunello – restano pilastri consolidati, ma, osserva Arnese, “stanno emergendo realtà interessanti in Puglia, Liguria, Friuli, Veneto, Trentino e Sicilia, con l’Etna in particolare che sta ottenendo grande riconoscimento”.

La sfida per i produttori italiani è mantenere qualità e autenticità, ma con prezzi competitivi, e soprattutto saper raccontare il vino in modo nuovo, più vicino al consumatore. “Ho notato che i clienti che vanno in vacanza in Italia tornano con una maggiore conoscenza dei vini locali. La promozione del territorio inizia proprio da lì”.

Una riflessione che si lega alla sua visione più ampia del settore e alla direzione verso cui si sta muovendo il mondo del vino. La sostenibilità, i nuovi gusti e la trasformazione del consumo impongono un ripensamento della comunicazione e dell’identità delle cantine.

“Il cambiamento è evidente – afferma -. Oggi si cerca la qualità, ma anche un racconto credibile. Si beve meno, ma si cerca valore. E la vera evoluzione passerà dalla comunicazione: serve un linguaggio più dinamico, più vicino alla vita quotidiana delle persone. Bisogna far conoscere non solo il vino, ma anche chi c’è dietro, le storie vere. Le nuove generazioni vogliono sentirsi parte di un progetto, non solo spettatori”.

“Il futuro del vino”, conclude Vincenzo Arnese, “si costruisce insieme, con la stessa passione e nella stessa direzione: sommelier, cantine e clienti, tutti parte della stessa storia”.