CANBERRA - Dal 2019 gli Stati Uniti potevano esportare carne in Australia, ma venivano vietati i prodotti provenienti da animali macellati in America ma originari di Canada o Messico, per timori legati alla diffusione dell’infezione della mucca pazza. A causa della forte integrazione della filiera americana, la misura era equivalsa a un divieto praticamente totale.
Il governo Albanese ha spiegato che gli Stati Uniti hanno recentemente rafforzato i controlli sulla tracciabilità degli animali, permettendo di risalire all’origine del bestiame e garantendo la sicurezza dei prodotti.
“La nostra priorità resta la biosicurezza - ha dichiarato il ministro dell’Agricoltura Julie Collins -. La decisione è frutto di dieci anni di valutazioni scientifiche rigorose”. Collins ha inoltre negato che la scelta sia legata ai dazi imposti da Trump.
Il leader dei Nazionali, David Littleproud, ha espresso preoccupazione per la rapidità della decisione, temendo che possa apparire come una concessione politica. Tuttavia, ha confermato che il Dipartimento competente fornirà chiarimenti all’opposizione.
Nel 2023 l’Australia ha esportato carne bovina per 14 miliardi di dollari, con gli Usa come primo mercato. La revoca delle restrizioni potrebbe migliorare i rapporti commerciali, danneggiati dai dazi statunitensi del 10% introdotti ad aprile.
Will Evans, CEO di Cattle Australia, ha ammesso che, sebbene i produttori preferirebbero che il divieto fosse mantenuto, la decisione si basa su solide valutazioni scientifiche. “Abbiamo fiducia nel sistema, e sosteniamo un commercio basato su regole e scienza”.
Un recente rapporto di Meat and Livestock Australia ha rivelato che, nonostante i dazi, nell’ultimo anno le esportazioni di carne verso gli Usa sono aumentate del 32%.