In Europa, tanto i prezzi del petrolio che quelli del gas naturale sono aumentati a causa del nervosismo dei mercati generato dagli attacchi degli Houthi - presumibilmente sostenuti dall’Iran - che lunedì hanno lanciato altri droni da bombardamento contro due carghi.
Si tratta dell’ultima azione militare contro navi portacontainer e petroliere che attraversano lo stretto corso d’acqua che separa lo Yemen dall’Africa orientale al vertice del Golfo di Aden, e conduce a nord verso il Mar Rosso e il Canale di Suez, attraverso il quale passa circa il 10% del commercio mondiale.
La dichiarazione di condanna degli attacchi era stata firmata dalla Ue, dalla NATO e da altri paesi tra i quali Giappone, Singapore e Nuova Zelanda.
“I numerosi attacchi originati dai territori controllati dagli Houthi nello Yemen, compresi gli attacchi del 3 dicembre contro tre navi commerciali nel Mar Rosso meridionale collegate a 14 nazioni, minacciano il commercio internazionale e la sicurezza marittima”, si legge nella dichiarazione.
“Tale comportamento minaccia anche la circolazione di generi alimentari, carburanti, assistenza umanitaria e altri beni essenziali verso destinazioni e popolazioni di tutto il mondo”.
La dichiarazione prosegue, sostenendo che non vi è alcuna giustificazione per gli attacchi, e richiede l’immediato rilascio della nave di proprietà israeliana Galaxy Leader e del suo equipaggio, nave abbordata e dirottata dalle milizie Houti il mese scorso.
Nella notte il capo della difesa australiana Angus Campbell ha preso parte a un incontro virtuale organizzato dagli Stati Uniti per discutere piani e sforzi volti a scoraggiare gli attacchi.
Negli ultimi giorni gli Stati Uniti hanno chiesto a decine di nazioni che compongono le Combined Maritime Forces di contribuire alla risposta alle azioni condotte dalle milizie Houthi.
Il comandante della flotta navale australiana ha affermato che il servizio è più che pronto a schierare una nave da guerra in Medio Oriente, nel momento in cui il governo federale dovesse accettare di unirsi alla missione internazionale concepita per proteggere le navi mercantili di passaggio nella regione.
Ieri il primo ministro Anthony Albanese aveva lasciato intendere di non avere intenzione di accogliere la richiesta avanzata in tal senso dagli Usa.
Gli esperti hanno avvertito che la Royal Australian Navy ha solo un numero limitato di navi da guerra disponibili, comprese le non più giovani fregate della classe Anzac dotate di sole otto celle missilistiche a lancio verticale, unità che potrebbero rivelarsi troppo vulnerabili nello scenario di guerra del Mar Rosso.
La marina dispone di tre nuovi cacciatorpedinieri idonei al combattimento aereo, essendo dotati di 48 sistemi di lancio verticale, ma esperti della Difesa avvertono che schierare una delle navi da guerra della classe Hobart in Medio Oriente probabilmente non sarà possibile fino all’anno prossimo.
Il segretario alla Difesa statunitense Lloyd Austin ha annunciato ieri la creazione di un’operazione multinazionale volta a proteggere le linee commerciali, dopo la decisione presa dalle principali compagnie di navigazione e dai giganti petroliferi del mondo di evitare lo stretto in prossimità dello Yemen spostandosi su rotte marittime più lunghe, decisione che andrà a riflettersi sui costi di spedizione.