NEW YORK – L’Australia si è astenuta sulla risoluzione messa in votazione alle Nazioni Unite che chiedeva a Israele di porre fine alla sua “presenza illegale” in Palestina. La risoluzione, redatta dalla rappresentanza palestinese all’Onu, è stata approvata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite con 124 voti a favore, mentre 43 Paesi – tra cui l’Australia – si sono astenuti e Israele, gli Stati Uniti e altri 12 Paesi hanno votato contro.

Il ministro degli Esteri, Penny Wong, ha spiegato che l’Australia ha esaminato attentamente la risoluzione e sarebbe stata pronta a votare a favore di un testo che rispecchiasse più fedelmente il parere della Corte Internazionale di Giustizia (CIG) emesso nel luglio scorso. La CIG aveva dichiarato illegale l’occupazione israeliana dei territori palestinesi e aveva richiesto il ritiro delle truppe di Tel Aviv “il più rapidamente possibile”. La risoluzione votata presso l'Assemblea Generale, invece, impone un termine di 12 mesi per la fine dell’occupazione.

“Abbiamo lavorato molto duramente a New York, con altri Paesi tra cui la delegazione palestinese, per cercare di introdurre emendamenti che ci permettessero di sostenerla come abbiamo fatto con il voto di riconoscimento e il voto sul cessate il fuoco. Siamo rimasti delusi dal rifiuto di accettare gli emendamenti che noi e molti altri Paesi hanno presentato. Per questo motivo ci siamo astenuti”.

La risoluzione dell’Assemblea Generale includeva anche la richiesta agli Stati di “adottare misure per cessare l’importazione di qualsiasi prodotto proveniente dagli insediamenti israeliani, nonché la fornitura o il trasferimento di armi, munizioni e attrezzature correlate a Israele... laddove vi siano motivi ragionevoli per sospettare che possano essere utilizzate nei Territori palestinesi occupati”.

La risoluzione dell'Assemblea Generale ha anche invitato gli Stati a “prendere misure per cessare l'importazione di qualsiasi prodotto proveniente dagli insediamenti israeliani, nonché la fornitura o il trasferimento di armi, munizioni e attrezzature correlate a Israele... laddove vi siano ragionevoli motivi per sospettare che possano essere utilizzati nel territorio palestinese occupato”. Wong ha fatto notare che l'Australia non fornisce armi a Israele. “Abbiamo imposto sanzioni a una serie di coloni estremisti e negheremo il visto per l'Australia a qualsiasi colono estremista. Quindi, ci sono elementi della risoluzione che abbiamo già eseguito”, ha proseguito il ministro.

L’ambasciatore australiano presso le Nazioni Unite, James Larsen, dal canto suo, ha ribadito la posizione di Canberra che considera una soluzione a due Stati come unico percorso per una pace duratura nella regione. “Consideriamo il riconoscimento [dello stato palestinese] come parte integrante di un processo di pace e come un modo per contribuire in modo significativo alla realizzazione della soluzione dei due Stati”, ha dichiarato Larsen.

La decisione dell’Australia di astenersi è stata oggetto di critiche da più parti. Rawan Arraf, direttore esecutivo dell'Australian Centre for International Justice, ha chiesto al ministro di “delineare chiaramente come la risoluzione vada oltre l'opinione consultiva” della CIG. Arraf ha sostenuto che le azioni elencate nella risoluzione sono essenziali per gli Stati per il rispetto dei loro obblighi e del diritto internazionale.

Sul fronte opposto, il Consiglio esecutivo delle comunità ebraiche australiane ha condannato la risoluzione dell'ONU come “un invito a una guerra e a uno spargimento di sangue senza fine.” Peter Wertheim, co-direttore esecutivo del Consiglio, ha sostenuto che: “questa risoluzione sarà una testimonianza dell'abisso morale in cui è sprofondata l'ONU”.

La Federazione Sionista d’Australia ha aggiunto che, astenendosi, l’Australia si è allontanata dal suo “alleato naturale - gli Stati Uniti - che ha sostenuto Israele in questo momento critico”.