CANBERRA – L’Australia ha dato il suo sostegno ai recenti attacchi statunitensi contro gli impianti nucleari iraniani, ribadendo comunque l’importanza della de-escalation e del dialogo diplomatico.

La ministra degli Esteri Penny Wong lunedì mattina, ospite del programma AM di radio ABC, ha affermato che l’Australia è favorevole ad ogni azione per prevenire che l’Iran si doti di armi nucleari, dopo che il governo domenica aveva toni più cauti declinando di dare il proprio pieno sostegno all’azione militare americana.

“Il mondo ha deciso che l’Iran non può dotarsi di armi nucleari, quindi certo, siamo favorevoli ad ogni azione che prevenga che il governo di Teheran lo faccia”, ha detto, citando una fonte delle Nazioni Unite, in base alla quale l’Iran avrebbe acquisito uranio arricchito a “livello quasi militare”.

Il primo ministro che domenica, attraverso un portavoce, si era espresso in termini molto cauti sugli attacchi americani, lunedì fronteggiando i giornalistiche lo pressavano per sapere perché c’erano volute 24 ore per fornire supporto esplicito all’azione militare contro impianti nucleari iraniani, ha  risposto: “Siamo sempre stati chiari: il programma nucleare e missilistico iraniano rappresenta una minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale, ma l’Australia non è un attore principale in questo conflitto, e questo è un dato di fatto”.

Albanese rispondendo, assieme a Penny Wong, a quanti gli chiedevano se fosse stato informato dall’amministrazione americana dell’imminenza dell’attacco, come era stato fatto con il premier britannico Keir Starmer, ha detto: “Il Regno Unito è stato da tempo coinvolto in negoziati con l’Iran per incoraggiarlo ad abbandonare il percorso nucleare, ma Teheran non si è presentato al tavolo, continuando ripetutamente a non rispettare i propri obblighi internazionali”.

Il primo ministro ha sollecitato Iran a “non intraprendere ulteriori azioni che potrebbe destabilizzare la regione”.

La senatrice Wong ha confermato che il governo non ha ricevuto alcuna richiesta di assistenza da parte americana, aggiungendo di essere stata informata che la base militare condivisa di Pine Gap, non è stata coinvolta negli attacchi. La ministra si è detta, a nome del Paese, “profondamente preoccupata”, alla prospettiva di escalation.

“La domanda fondamentale per la comunità internazionale è cosa succede dopo…perché è ovvio che quello attuale è il momento più precario, rischioso e pericoloso che il mondo si trovi a fronteggiare”, ha detto.

“Questo è il momento della diplomazia, è il momento per la de-escalation, per tutte le parti in conflitto”, ha aggiunto Wong.

L’esplicito sostegno ai bombardamenti americani contro l’Iran, espresso dall’Australia, non è stato condiviso dagli alleati, Regno Unito, Canada e Nuova Zelanda, che hanno comunque messo in guardia dal rischio di un Iran nucleare.

Già da domenica l’opposizione si era schierata a favore dell’azione intrapresa dagli Stati Uniti per impedire all’Iran di ottenere armi nucleari, in particolare i raid contro Isfahan, Natanz e soprattutto Fordow.  Lo ha detto Andrew Hastie, ministro ombra ad interim per gli Affari esteri, che dopo aver accusato il governo di essersi fatto trovare impreparato dagli eventi, ha aggiunto: “Non potremo mai accettare un Iran dotato di armi nucleari, è un regime teocratico repressivo e sponsor del terrorismo. Non vogliamo una guerra, ma crediamo che questa sia stata una misura necessaria e proattiva”.

“Sono lieto che Penny Wong abbia, essenzialmente, sostenuto la nostra posizione, e sono lieto che sulla questione ci sia un approccio bipartisan”, ha aggiunto Hastie.

I verdi si sono dichiarati, prevedibilmente, contrari agli attacchi, con il portavoce alla Difesa, David Shoebridge che, chiedendo garanzie al governo che l’Australia non sarà coinvolta in alcun modo, nel conflitto, ha definito Donald Trump un “guerrafondaio”.

L’ex ambasciatore australiano in Iran, Paul Foley, ha definito “appropriata” la risposta australiana, sollecitando un ritorno alla diplomazia, “al più presto possibile”.

“Ci stiamo addentrando in un territorio inesplorato…e il governo australiano e gli altri governi, dovranno esaminare una serie di fattori”, ha detto Folley, speculando sul fatto che ci sono tre categorie di reazione, a disposizione dell’Iran, non rispondere, lanciare una risposta “limitata” o o colpire basi e interessi americani, nella regione.

“Un accordo di pace è ancora possibile, almeno se le parti in causa lo vogliono veramente”, ha aggiunto l’ex diplomatico, che ha ricordato la promessa di Donald Trump al suo insediamento per la seconda volta alla Casa Bianca, che sarebbe stato un presidente di pace, sottolineando che “Teheran, nel passato, ha indicato una preferenza al percorso diplomatico”.

La senatrice Wong ha confermato che, mentre lo spazio aereo nella regione rimane chiuso, funzionari australiani sono di stanza al confine terrestre con l’Azerbaijan, per assistere cittadini che vogliono lasciare l’Iran, incitandoli a farlo il più presto possibile, riconoscendo che la situazione è “rischiosa”.

Precisando che sono circa 2.900 gli australiani al momento in Iran, e 1.300 quelli in Israele, già registrati presso le sedi diplomatiche australiane, che hanno espresso il desiderio di lasciare i due Paesi, Penny Wong ha detto che con la riapertura dello spazio aereo in Israele, il governo assisterà quanti si trovano in quel Paese a lasciarlo al più presto per via aerea.