CÓRDOBA - Entra nel vivo il processo per l’omicidio di cinque neonati e il tentato omicidio di altri otto all’Ospedale Neonatale di Córdoba, avvenuti tra maggio e giugno 2022. Le prime testimonianze suggeriscono che le prove contro Brenda Agüero e gli altri imputati siano schiaccianti.
Al centro dell’indagine ci sono le accuse contro l’infermiera Brenda Agüero, sotto processo di omicidio aggravato per procedura insidiosa e reiterata in cinque casi, nonché di tentato omicidio in altri otto. Avrebbe somministrato a neonati dosi letali di potassio e insulina. Agüero, che si dichiara innocente, ha dichiarato in aula la settimana scorsa.
Sono sotto accusa anche dieci ex funzionari del ministero della Salute della Provincia, tra cui l’ex direttrice dell’ospedale Liliana Asís e l’ex ministro della Salute, Diego Hernán Cardozo (Partido Justicialista). Le imputazioni a loro carico includono omissione di atti d’ufficio, falso ideologica e occultamento delle prove.
Durante le udienze del processo, due madri delle vittime hanno preso la parola, raccontando le terribili esperienze che hanno vissuto.
Una di queste è Julieta Guardia, madre di Ibrahim, uno dei neonati che ha perso la vita. Visibilmente provata, ha raccontato come il bambino fosse risultato sano nel momento del parto, descrivendo come si sentisse inizialmente rassicurata dalla presenza di Agüero, confermando che l’infermiera era presente anche nella sala di recupero post parto.
“Quando ho lasciato mio figlio nella culla e sono andata a farmi una doccia, ho sentito nel mio cuore che qualcosa non andava. L’atmosfera era tesa, fredda. Quando sono uscita dalla doccia, ho visto che Ibrahim non si muoveva più”, ha ricordato, visibilmente scossa.
Guardia ha poi parlato del suo profondo dolore, ammettendo di aver cercato di suicidarsi più volte dopo la morte del figlio, incapace di accettare la perdita.
Altra testimonianza significativa è quella di Tamara Magalí Hermosilla, madre di una neonata sopravvissuta al sospetto tentato omicidio.
Tamara ha raccontato al tribunale di aver seguito tutti i controlli previsti durante una gravidanza senza probblemi, che il parto era andato bene e che aveva dato alla luce una bambina in salute perfetta. Tuttavia, subito dopo la nascita, “un’infermiera, vestita di bianco con i capelli neri”, aveva portato via sua figlia dalla stanza, senza fornirle spiegazioni.
“Se n’è andata per circa 20 minuti, un tempo davvero lungo”, ha raccontato Tamara. La madre ha sottolineato che non le venne mai data alcuna spiegazione su dove fosse stata portata la bambina. “Quando mi è stata restituita, ho notato che aveva sangue sui pantaloncini e al cambio del pannolino abbiamo trovato del sangue, con il segno di una puntura che somigliava a quella di una penna”, ha continuato la madre, descrivendo la sua crescente preoccupazione.
Tamara ha anche raccontato che la neonata non piangeva, sintomo letto come grave segnale di malessere da qualsiasi madre. “I neonati piangono perché è il loro modo di comunicare. Ma mia figlia non faceva nulla. Sono rimasta sveglia tutta la notte, e nessuno mi ha ascoltato quando dicevo che c’era qualcosa che non andava”, ha spiegato.
Il giorno successivo, una cardiologa ha eseguito degli esami sulla bambina, scoprendo una bradicardia, cioè una frequenza cardiaca pericolosamente bassa, e l’aveva attribuita inizialmente a un problema genetico. “Aveva solo 40 battiti al minuto, stava morendo. Le hanno somministrato antibiotici e cominciato a drenare il liquido dalla gamba. Io, invece, sono stata mandata da uno psicologo, ma non sono andata. Sono rimasta per sette giorni in allerta in ospedale”, ha raccontato la madre.
Solo successivamente, nella cartella clinica della bambina, sono stati registrati livelli di potassio enormemente alti. Secondo la procura, un’iniezione di quella sostanza potrebbe spiegare le cicatrici che la neonata presenta ancora oggi.