SYDNEY – Negli ultimi decenni l’Australia ha costruito la propria identità di Paese sicuro anche sulla drastica riduzione degli omicidi di massa, soprattutto dopo la strage di Port Arthur del 1996 e le profonde riforme sulle armi da fuoco che ne seguirono. Per anni, gli episodi di violenza di massa sono rimasti rari e circoscritti, spesso legati a contesti familiari, a disturbi psichici o a singoli attacchi isolati, lontani dalle dinamiche del terrorismo ideologico che hanno segnato altre democrazie occidentali.
Negli ultimi tre anni, tuttavia, questo quadro si è progressivamente incrinato. L’aumento documentato di episodi di antisemitismo, tra intimidazioni, vandalismi, attacchi incendiari e incitamento all’odio, ha accompagnato una radicalizzazione del clima pubblico, in particolare dopo l’ottobre 2023, che ha creato le basi per la strage di Bondi Beach.
Ripercorriamo brevemente le tappe di questo percorso. Il 28 aprile 1996 un uomo armato, il 28enne Martin Bryant, aprì il fuoco nel sito storico di Port Arthur, in Tasmania, uccidendo 35 persone e ferendone altre decine. L’episodio rimane la peggiore strage della storia australiana e ha costituito un vero e proprio punto di svolta per la risposta istituzionale immediata e strutturale che ne seguì, portando all’introduzione delle National Firearms Agreement, con un drastico inasprimento delle leggi sulle armi, il divieto di molte armi semiautomatiche e un vasto programma di riacquisto.
In seguito, per molti anni, gli episodi di mass murder divennero estremamente rari in Australia. Il 15 dicembre 2014 un uomo armato prese in ostaggio clienti e dipendenti del Lindt Chocolate Café in Martin Place, nel cuore del distretto finanziario di Sydney. L’assedio durò circa 16 ore, paralizzando il centro della città e attirando l’attenzione internazionale. L’attentatore, Man Haron Monis, un estremista noto alle autorità e già incriminato per diversi reati, costrinse gli ostaggi a esporre una bandiera con la shahada islamica alla vetrina del locale, presentando l’azione come un atto di terrorismo di matrice jihadista. Durante l’irruzione della Polizia statale che pose fine all’assedio morirono due ostaggi, oltre allo stesso attentatore.
A Melbourne, il 20 gennaio 2017, Dimitrious “Jimmy” Gargasoulas lanciò deliberatamente la sua auto contro i pedoni nel centralissimo Bourke Street Mall. Nell’attacco morirono sei persone, tra cui un bambino, e decine di altre rimasero ferite. Dopo l’investimento di massa, Gargasoulas fu arrestato dalla polizia al termine di un inseguimento. Le indagini esclusero un movente terroristico: l’uomo agì in un contesto di grave instabilità mentale, aggravata dall’uso di droghe.
In tempi recenti, l’Australia ha registrato un aumento significativo degli episodi di antisemitismo, in particolare a partire dal sanguinoso attacco di Hamas contro Israele del 7 ottobre 2023. Dopo quella data, le segnalazioni di insulti, minacce, graffiti e molestie contro persone e istituzioni ebraiche sono aumentate in modo marcato.
Nel mese di ottobre 2023, pochi giorni dopo l’inizio della guerra tra Israele e Hamas, una manifestazione filo-palestinese davanti alla Sydney Opera House suscitò forti polemiche a livello nazionale. Durante il raduno, alcune persone tra la folla furono riprese mentre gridavano slogan percepiti come antisemiti, in particolare l’espressione “gas the Jews”, secondo quanto riportato da diversi testimoni e da video circolati sui social media.
Nel febbraio 2024 circa 600 creativi e accademici ebrei australiani sono stati vittime di un’operazione di doxxing, con la diffusione online dei loro dati personali. L’episodio ha dato origine a una serie di intimidazioni e minacce.
Il 6 dicembre 2024, nelle prime ore del mattino, la sinagoga Adass Israel di Ripponlea, a Melbourne, è stata colpita da un attacco incendiario. Ignoti hanno appiccato un incendio all’ingresso dell’edificio, provocando danni rilevanti alla struttura, in particolare alla facciata e agli spazi interni adiacenti. Al momento dell’attacco, fortunatamente, non c’erano persone all’interno della sinagoga.
Nello stesso anno si sono moltiplicati i casi di graffiti e vandalismi contro scuole, sinagoghe, abitazioni e attività commerciali ebraiche, soprattutto a Sydney e Melbourne, insieme ad azioni coordinate di intimidazione, inclusi incendi dolosi di veicoli.
Nel 2025 la tensione è ulteriormente salita. A luglio, un tentativo di incendio ha preso di mira la sinagoga della East Melbourne Hebrew Congregation mentre all’interno si trovavano dei fedeli. In altri casi, sinagoghe della città sono state vandalizzate ripetutamente, alimentando un clima diffuso di intimidazione contro i componenti delle comunità ebraiche nelle principali città australiane. Fino agli spari di Bondi Beach.