Luca Guadagnino è felice, festeggia il Leone d’argento per il suo film “Bones and All” e il premio Mastroianni alla sua attrice protagonista Taylor Russell, un doppio premio chiesto dalla giuria presieduta da Julianne Moore in deroga ai regolamenti sul cumulo dei riconoscimenti. 

Con lui c’è la mamma Alia: “Non se ne perde una di prime dei miei film, si offende se non la porto, mi sostiene da sempre”, racconta il regista di “Chiamami col tuo nome”, il suo film più famoso, quello che ha lanciato Timotheè Chalamet tra i nuovi talenti.
Guadagnino ama dirigere gli attori, coinvolgerli, gli piace lavorare con i giovani, Russell e Chalamet ad esempio: Zendaya “è favolosa” nel nuovo film “Challengers” appena finito. “Timothèe è un grande amico, lo amo. Quando si è trattato di avviare il progetto di ‘Bones and All’ lui è voluto esserci subito, e anche produrlo”, ricorda Guadagnino della reunion con la giovane star di “Dune”.

Nato a Palermo il 10 agosto 1971 da padre italiano originario di Canicattì (in provincia di Agrigento) e da madre algerina, il regista, sceneggiatore e produttore cinematografico è principalmente noto per aver diretto le pellicole “The Protagonists”, “Melissa P.”, “Io sono l’amore”, “A Bigger Splash” e “Suspiria”, remake dell’omonimo film cult di Dario Argento. Per aver diretto e prodotto il film “Chiamami col tuo nome”, ha ricevuto il plauso dalla critica e numerosi riconoscimenti tra cui una candidatura al premio Oscar per il miglior film, al Golden Globe per il miglior film drammatico e due ai British Academy Film Awards per il miglior regista e il miglior film.

Guadagnino ha parole di lode per Laura Poitras vincitrice del Leone d’oro con il documentario sulla lotta della fotografa Nan Goldin sulla casa farmaceutica Purdue Pharma responsabile di migliaia di morti per overdose di Ossicodone, “All the Beauty and the Bloodshed”: “La ammiro e poi la fotografa Goldin ha segnato il mio immaginario insieme a Robert Mapplethorpe”.

“Vorrei che ‘Bones and All’ - prosegue Guadagnino - venga considerato un film romantico, una storia d’amore. Certo è estremo, i giovani protagonisti Mauren e Lee sono due cannibali, ma non è horror, non l’ho mai considerato tale, dopo un po’ te ne dimentichi. Piuttosto è dolce, parla di una amore impossibile da portare avanti, del resto l’innamoramento non è sempre estremo?”. 

Tratto dall’omonimo romanzo di Camille DeAngelis, il film andrà agli Oscar? “Intanto mi godo questo successo emotivo - risponde il regista - quando un film, complicato, faticoso, prende il largo come genitori orgogliosi vogliamo il massimo per lui, aver vinto il Leone d’argento è già un sogno realizzato, stupendo”.Dopo Venezia è andato a Telluride, inizialmente con una accoglienza non esplosiva: “Quando è finito era diventato ‘il’ film del festival, colpisce alla pancia, è viscerale, e questo è bellissimo”.

E’ stato girato nel cuore dell’America più autentica, tra le strade secondarie dell’Ohio, del Kentucky e del Nebraska: “Amo l’America profondamente, il mio obiettivo era non stare sopra, ma dentro quei posti come se ci avessi abitato per anni”. La lingua del film è l’americano, per questo non potrà essere candidato dall’Italia per l’Oscar internazionale.

Set statunitense, attori a stelle e strisce, ma produzione italianissima. “E’ il segno dell’internazionalizzazione del cinema, senza geografie, senza confini. I progetti - prosegue Guadagnino - nascono con le persone. Lo sceneggiatore Dave Kajganich, con cui avevo fatto ‘Suspiria’ tra l’altro doveva realizzare ‘Bones and All’ con Antonio Campos che poi all’ultimo si è tirato indietro così la proposta è arrivata a me, questo per dire che sono le amicizie, le relazioni al di là delle latitudini a farti crescere”. Da lì il coinvolgimento di un pool di italiani: alla sua Frenesy Film si sono associate Per Capita Productions, Lorenzo Mieli con The Apartment del gruppo Fremantle, Memo Films, 3 Marys Entertainment, Elafilm and Tenderstories, in co-produzione Vision in collaborazione con SKY.

L’incontro con Luca Guadagnino si conclude con l’attualità, la morte della regina Elisabetta II cui il regista, con Carlo Antonelli, ha dedicato un necrologio pubblicato su un quotidiano nazionale. “L’ho fatto anche per la morte di Raffaella Carrà, l’ho rifatto, con slancio, è stato un omaggio ad una donna che dietro la sua dimensione a pastello ha portato avanti per tutta la vita l’idea di un mondo immutabile”.