MESSINA - “Ho aiutato mio figlio perchè si voleva uccidere”. Daniela Santoro, madre di Stefano Argentino, in dichiarazioni spontanee ai carabinieri ha ammesso di avere dato una mano al figlio che al telefono non le aveva però confessato di avere ammazzato Sara Campanella. In quella telefonata alla madre fatta lunedì pomeriggio scorso Argentino le dice “di essere disperato, di avere fallito” e parla della sua “incapacità di provare sentimenti”. Una conversazione avvenuta quando la 22enne era già morta, uccisa con cinque coltellate, alla schiena e al collo. Una, quella mortale, alla giugulare, un’altra le aveva perforato anche un polmone. Un decesso sopraggiunto, come ha stabilito l’autopsia, dopo pochi minuti di agonia. La Santoro riceve la chiamata del figlio mentre “stavo andando ad Avola in auto”.

“Ho deciso di partire per Messina per andarlo a prendere. Del delitto, al telefono, non mi ha detto nulla”, ha dichiarato ai carabinieri sottolineando che il figlio era disperato e minacciava di uccidersi. “Sono rimasta sconvolta e gli ho chiesto il perchè, lui mi ha parlato di un fallimento della sua vita”, ha aggiunto. Gli inquirenti da subito hanno avuto la certezza che il ragazzo sia stato aiutato. E il gip si era spinto ad ipotizzare un ruolo della madre nel tentativo dell’assassino di fare perdere le proprie tracce. Ora, con le dichiarazioni della donna, sarà più facile ricostruire le 6 ore trascorse tra il delitto e la cattura dello studente che, dopo la fuga è scappato con l’arma e ha provato a nascondersi nella casa vacanza dei genitori a Noto. Il femminicidio è accaduto alle 17.15 e Stefano è stato preso dai carabinieri dopo le 23. Da subito gli accertamenti avevano puntato sul ruolo di una persona che Stefano aveva chiamato per chiedere aiuto e farsi aiutare ad allontanarsi dal luogo del delitto. Anche perchè il ragazzo a Messina non aveva un’automobile. Difficile ipotizzare che Argentino con gli abiti sporchi di sangue e pochi minuti dopo aver ucciso la ragazza, abbia avuto il sangue freddo per salire su un pullman.

Di questo femminicidio si cerca ancora l’arma. I carabinieri messinesi hanno trovato un coltello non molto distante dal luogo in cui è stata sgozzata Sara, ma dubitano che possa essere stata l’arma del delitto. Sembra, invece, più probabile che l’assassino abbia usato un taglierino o un bisturi, oggetti che gli investigatori stanno ancora cercando. 

Intanto, la salma di Sara è stata restituita alla famiglia e portata a Portella di Mare, frazione di Misilmeri, in provincia di Palermo, in cui la studentessa viveva. Oggi, lunedì, nella chiesa San Giovanni Battista di Misilmeri, sarà celebrato il funerale di Sara presieduto dall’arcivescovo palermitano Corrado Lorefice. Sempre per la giornata di oggi il sindaco Rosario Rizzolo ha proclamato il lutto cittadino con l’esposizione delle bandiere a mezz’asta sugli edifici comunali. Anche il sindaco metropolitano Roberto Lagalla ha proclamato il lutto nei Comuni della Città metropolitana di Palermo. Al Palazzo Comitini e in tutti i Comuni della provincia, saranno esposte le bandiere a mezz’asta in segno di lutto e vicinanza alle famiglie delle vittime. “Con questo atto - ha spiegato Lagalla - l’amministrazione metropolitana intende interpretare in modo solenne il sentimento di profondo dolore di tutta la comunità della città di Palermo e del territorio della provincia”.