ROMA - Dal momento della scarcerazione di Cecilia Sala, in molti si chiedono se il prezzo delle trattative svolte possa includere, tra le altre cose, la liberazione di Mohammad Abedini Najafabadi.
Siccome l’arresto della giornalista è avvenuto solo tre giorni dopo quello dell’ingegnere iraniano da parte delle autorità italiane – avvenuto su mandato statunitense - in molti hanno ipotizzato che ci potesse essere un legame tra i due eventi.
Fino al 27 dicembre l’arresto di Sala è rimasta sotto silenzio, mentre probabilmente i contatti diplomatici e di intelligence erano già in corso, e dopo lo scoppio della notizia e l’aumento della pressione mediatica la famiglia ha chiesto il silenzio stampa per evitare di complicare le trattative.
Si è trattato infatti di una partita non semplice, complicata anche dalla presenza degli Stati Uniti che accusano il trentottenne iraniano di essere “l’uomo dei droni” di Teheran. Partita che la premier ha giocato – e vinto – esponendosi in prima persona, con tanto di visita “lampo” al presidente entrante Donald Trump il 5 gennaio.
I due leader avrebbero infatti discusso a lungo della questione, e Meloni avrebbe ottenuto il via libera a ridiscutere l’estradizione di Abedini, e secondo fonti della futura amministrazione di Washington, si attende una svolta del caso già nei prossimi giorni.
Di questo sarebbe stato informato anche il presidente uscente Joe Biden, che avrebbe dovuto incontrare Meloni questo sabato nell’ambito della visita a Roma che prevedeva anche un dialogo con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e papa Francesco.
Il viaggio del leader americano è stato cancellato, ufficialmente, per gestire l’emergenza degli incendi in California, che lungi da essere domati stanno mettendo a dura prova i soccorsi.
Abedini attualmente si trova detenuto nel carcere di Opera, e dopo parere negativo all’istanza presentata a dicembre il suo legale ha avanzato una nuova richiesta di misure alternative al carcere che includa l’obbligo di braccialetto elettronico e la permanenza in un appartamento di Milano diverso da quello proposto in precedenza.
I giudici avranno tempo per decidere nei cinque giorni successivi all’udienza, fissata per mercoledì 15 gennaio.
Un’eventuale scarcerazione potrebbe arrivare solo su richiesta del ministro della Giustizia, Carlo Nordio, che però per ora cerca di frenare.
“È una cosa su cui non sto proprio riflettendo, la mia mente è occupata dal fatto che vada avanti la riforma costituzionale per la quale mi batto da 30 anni”, ha commentato ad alcuni giornalisti, spiegando che “la situazione è squisitamente giuridica, e va studiata nella sua complessità”.
Successivamente in un’intervista a La Stampa, il Guardasigilli ha aggiunto che anche di estradizione è prematuro parlare, anche perché “sino ad ora la richiesta formale non è ancora arrivata al nostro ministero”.
L’invito alla cautela viene ribadito anche dal ministro degli esteri, Antonio Tajani, che in un’intervista ribattuta dal sito della Farnesina ci tiene a separare, ancora una volta, il caso dalla vicenda Sala.
“Il caso Abedini è trattato dalle autorità giudiziarie italiane, sarà di competenza del ministro della Giustizia. Cecilia Sala era invece una cittadina italiana accusata di aver violato le leggi locali, e su quello abbiamo lavorato”, spiega il vicepremier.