Una terra lavica, scogliere battute dal vento, lande assolate color bronzo, spiagge incantevoli, cibo che racconta storie e un popolo che fa della propria accoglienza un vanto.
È la Sicilia che il Licodia Eubea Social Club ha celebrato lo scorso primo giugno con una giornata interamente dedicata alla sua anima profonda.
Il ‘Sicilian Day’ è stato un modo per toccare con mano il carattere di un’isola che non si lascia dimenticare.
Ogni dettaglio è stato pensato con cura. Il profumo dell’origano e dell’olio buono si mescola alle voci che parlano di tradizione, oggetti antichi che ritornano protagonisti, e una lingua – quella dell’appartenenza – che qui non si è mai persa. Vicky Lombardo, responsabile della comunicazione del sodalizio, lo racconta con orgoglio: “Abbiamo esposto oggetti della memoria e li abbiamo raccontati uno a uno, spiegando il loro significato, l’uso che se ne faceva, le storie che portano con sé”.
C’è ‘u scanature’, l’impastatrice per il pane che sa di mattine lente e mani che lavorano, e poi fiaschi di legno, bottiglie d’argilla, tamburelli consumati dal tempo, ma che tornano vivi nella memoria. Ogni pezzo parla, ricorda, resiste.
Intorno, il comitato si muove vestito con i costumi della tradizione, tessuti che sembrano usciti da una vecchia fotografia, eppure perfettamente dentro il presente.
La giornata si accende quando arriva l’ospite d’onore: Helen Davidson, sindaca di Merri-bek, nipote di un licodiano emigrato tanti anni fa. L’accoglienza è calorosa, l’emozione tanta.
A introdurla è Domenic Ballirò, presidente del sodalizio, che consegna a Davidson il certificato di riconoscimento ‘Future Generations Licodiani Worldwide’ per il contributo che, con la sua carriera, ha dato alla comunità e per quel legame, mai interrotto, con la sua storia familiare.
Sul palco, la Sindaca ringrazia per l’invito. Racconta di suo nonno Antonio Vacirca, nato a Licodia Eubea, e di quelle storie che la madre le sussurrava da bambina.
“Un giorno, durante la guerra, nonno si svegliò con una brutta sensazione. Doveva partecipare a una spedizione, mentre era in Africa, ma si rifiutò. Quel giorno, il battaglione fu sterminato. Lui si salvò. Mio nonno ha vissuto una vita piena e aveva la tipica testardaggine siciliana”.
Il pubblico ascolta in silenzio. Poi si alza in piedi per l’inno nazionale. È un momento corale, che unisce le diverse generazioni. L’Australia, la Sicilia, l’emigrazione, la memoria, l’identità: tutto si incontra in un’unica voce.
Nella sala del club si balla al ritmo dei tamburelli, tra i tavoli si brinda e i gustosissimi piatti siciliani si passano di mano in mano come gesti d’affetto.
Helen Davidson ringrazia ancora: “Grazie per l’accoglienza, per il cibo straordinario, per questa energia. La storia della comunità siciliana qui è potente; vi incoraggio a raccontarla sempre, a trasmetterla ai più giovani. Mia madre ha fatto così con me ed è per questo che sono qui oggi”.
Giornate come questa mettono in evidenza il legame, indissolubile, di chi non ha mai smesso di guardare verso casa. Perché basta un canto, un profumo, un oggetto poggiato su una tovaglia a riportarla vicino.