TORINO - “Elementi nuovi” basati anche sull’analisi di documenti che “non risultano essere stati secretati” e, quindi, potevano essere consultati da tutte le parti interessate. La Corte d’appello torinese, tramite una nota della presidente reggente Alessandra Bassi, interviene per “fornire elementi di conoscenza” rispetto alla decisione, presa da un giudice, di dichiarare lo stop al trattenimento nel Cpr di Caltanissetta dell’imam Mohamed Shahin. Il materiale “non secretato” è quello che gli avvocati del religioso, Gianluca Vitale e Fairus Ahmed Jama, hanno rintracciato dopo un paziente lavoro ricerca negli uffici della procura del capoluogo regionale piemontese e inserito nel ricorso. In sostanza, i due legali sono riusciti a rafforzare le loro tesi basandosi anche (ma non solo) sull’andamento di due procedimenti penali a carico dell’uomo, ottenendo ragione.

Il fascicolo sulle frasi Pro Pal era stato archiviato subito in quanto si trattava di “espressione del pensiero senza estremi di reato”. Il secondo si riferiva a un blocco stradale del 17 maggio 2025 ma, in questo caso, “dall’esame degli atti - ribadisce Bassi ricopiando un passaggio dell’ordinanza - emerge una condotta non connotata da alcuna violenza e/o altro fattore indicativo di una sua concreta e attuale pericolosità”. Il giudice Ludovico Morello ha concluso che, alla luce delle novità, “non vi sono ulteriori e concreti elementi di fatto per formulare un eventuale giudizio di pericolosità”. 

Mentre il Viminale lavora al ricorso in Cassazione per ottenere l’allontanamento dell’uomo, il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, registra con “amarezza” la decisione dei giudici “perché vanifica il lavoro che c’è dietro, degli operatori di polizia che finora hanno tenuto immune il nostro Paese dagli attentati terroristici. Dall’inizio del mandato del nostro governo abbiamo firmato più di 200 provvedimenti di espulsione, fondati, come in questo caso, su elementi di prevenzione. Ma noi - assicura - andremo avanti, faremo valere le nostre ragioni nelle tappe successive”.

E gli attacchi alle toghe da parte del centrodestra non accennano a placarsi. Per il presidente del Senato, Ignazio La Russa, la liberazione dell’imam “è un messaggio pericoloso”. Non ho letto le carte - afferma - ma sono d’accordo con Giorgia Meloni quando dice ‘come facciamo a difendere l’Italia se poi i nostri provvedimenti vengono disattesi?’. La prevenzione è importantissima”. Dalla trincea del governo si alza la voce del ministro Paolo Zangrillo, secondo il quale “quando una parte della magistratura sembra più attenta a smontare le scelte dello Stato che a difendere la sicurezza nazionale, si apre un problema che non può più essere ignorato”.

La risposta del centrosinistra arriva dalla segretaria dem Elly Schlein: “Se Meloni vuole fare qualcosa per la sicurezza riporti in Italia il miliardo buttato in Albania dove sono operative forze dell’ordine a badare a dei centri vuoti: usateli per assumere più forze dell’ordine, invece di fare propaganda”.