Siamo stati abituati a vederli dietro uno schermo, ad ammirare le loro gesta incredibili con il fiato sospeso e ad esultare o soffrire con loro durante gli ottanta interminabili minuti di gioco. Eppure, poche volte ci siamo chiesti cosa ci fosse dietro a quel nome così famoso o a quella figura ai nostri occhi perfetta, che dal campo trasmetteva un assoluto senso di forza e potenza.

Pochissime volte ci è passato nella mente di conoscere la loro storia personale, da dove provengono queste leggende e che cosa li ha portati a diventare quello che sono, se hanno incontrato difficoltà oppure no, quali insegnamenti i loro genitori si erano portati dietro dall’Italia e quali tradizioni andavano fieri.
 
Proprio rispondere a questi interrogativi è stato l’intento principale dell’incontro ‘A Night with the Stars’, organizzato lo scorso 20 settembre alla sede del Co.As.It. di Melbourne. 

Adrian Pagnoccolo, insieme al giornalista sportivo Tony De Bolfo, e in collaborazione proprio con il Co.As.It., ha chiamato alcune stelle del footy australiano per raccontare la propria esperienza e condividerla con le numerose persone intervenute per l’occasione. 
Renato Serafini, Vin Catoggio, Tony Liberatore, Nicky Winmar e Ross Henshaw hanno quindi portato la propria testimonianza, facendo riflettere gli ascoltatori sull’importanza dell’inclusione all’interno di una comunità, sia essa sportiva o locale, e dei sacrifici nascosti dietro anni di duro lavoro e rischi intrapresi.

“Ho partecipato ad altri eventi sulla comunità italiana che mi hanno colpito profondamente ma ho sempre sentito che mancava un ambito importante: lo sport – ha rivelato Pagnoccolo –. Poi ho iniziato a pensare che in AFL ci sono diversi giocatori che possono vantare origini italiane, così ho iniziato a chiedermi quanto questo aspetto abbia influito sulle loro vite, nel bene o nel male. Volevo organizzare un evento che celebrasse i loro successi e potesse essere d’ispirazione per altre persone, affinché veicolasse il messaggio di non farsi fermare dai pregiudizi o dalle discriminazioni per arrivare a realizzare i propri sogni”. Pagnoccolo proviene da una famiglia che ha sempre amato lo sport e, in particolare, che ha sempre supportato il Carlton. Suo padre Carmelo, di origine vizzinese, e suo cugino Charlie, hanno entrambi giocato nella VFL.

Ad aiutare Adrian per la realizzazione di questo evento, è stato compito dell’esperto sportivo, giornalista e scrittore, Tony De Bolfo che ha moderato l’incontro introducendo gli ex atleti al pubblico desideroso di conoscerli.

 Dopo i saluti iniziali, la parola è quindi passata a Renato Serafini, che giocò nel Fitzroy e nel Carlton negli anni ‘70. Classe 1953, nato da genitori emigrati a Melbourne da Marostica, in Veneto, Serafini si ricorda vividamente dei primi anni in Australia, delle case condivise e dei pregiudizi dei compagni di scuola verso le sue origini così differenti.
 
“Ricordo che mia mamma aveva difficoltà a parlare in inglese perché non lo usava mai – ha raccontato Serafini –. In casa parlavamo in italiano e anche tutti i commercianti parlavano con lei nella lingua natìa. La comunità italiana era fantastica, i primi connazionali arrivarono in Australia negli anni ‘20, e ricordo quanto supportarono quelli che, come i miei genitori, in quegli anni erano considerati i ‘nuovi migranti’. Rammento inoltre di quando mia mamma mi mandava a chiamare mio padre al pub quando era pronta la cena e io mi avventuravo per queste stradine sconosciute e in questo posto dove non arrivavo neanche al bancone”.
 
Anche Vin Catoggio conserva ricordi molto belli della propria famiglia – proveniente da Montemurro, in provincia di Potenza – delle lunghe domeniche lavorative di sua madre e dei pomeriggi passati a giocare nel campo del Carlton di nascosto, appena fuori da casa sua, con quelli che poi sarebbero diventati suoi compagni di squadra.

“Non ho mai sentito nessuno dei miei genitori parlare male di qualcun altro, questo è un grande insegnamento che mi hanno trasmesso e che faceva parte dei loro valori”, ha raccontato l’ex stella del Carlton, del Melbourne e dei Sydney Swans.
Infine, Tony Liberatore, simbolo dei Western Bulldogs, ha raccontato del forte legame che lo ha sempre legato alla propria famiglia: “Mia madre è la mia eroina. Per entrambi i miei genitori è stata difficile la scelta di emigrare qui in Australia, ma soprattutto per lei che veniva da una famiglia composta da 13 persone a cui è sempre stata molto legata.
 
È tuttora in contatto con qualcuno di loro: solo una delle sue sorelle è venuta in Australia, Olga, che è ancora viva e con cui parlano ancora tanto. In generale, mi accorgo ora di come la vita nel nuovo Paese per i miei genitori è stata molto dura, mio padre i primi tempi era stato mandato al campo di Bonegilla”.
 
Ascoltando le parole pronunciate con sentimento e sincera commozione dagli ex giocatori, è emerso come ciascuno di loro, tornato in Italia nei luoghi delle origini della propria famiglia, abbia trovato una profonda desolazione e abbia profondamente compreso la scelta intrapresa dai propri parenti di emigrare in cerca di un luogo che potesse offrirgli maggiori possibilità.

Un altro triste comune denominatore sembra essere un razzismo a volte velato, altre meno, e un senso di esclusione provato spesso fin dai banchi di scuola ma anche negli spogliatoi dei vari club, una volta cresciuti.

“In questo senso, la testimonianza di Nicky Winmar ci ha fatto riflettere ulteriormente – ha dichiarato Pagnoccolo –. I ragazzi italiani hanno detto tutti come quando sono tornati nelle loro città di origine abbiano constatato quanta povertà ci fosse, e di aver capito la ragione per la quale i propri genitori avevano deciso di emigrare. Nicky ha raccontato che lui non è mai potuto neanche tornare nella propria città di origine in quanto sono stati cacciati dalla riserva all’interno della quale abitavano. Queste testimonianze ci hanno fatto capire cosa significa davvero essere degli esclusi e come fossero accomunati tutti dal desiderio di inclusione. Grazie ai loro sacrifici, ora le nuove generazioni possono vivere delle esistenze in un clima di maggiore integrazione”.