TEHERAN - L’Iran ha confermato l’arresto della giornalista italiana Cecilia Sala.  

Il dipartimento generale dei Media Esteri del ministero della Cultura e dell’orientamento islamico dell’Iran ha confermato in una nota di aver fermato la reporter “per aver violato le leggi della Repubblica islamica dell’Iran”, come scrive l’agenzia Irna.  

Secondo quanto riferito, il suo caso è attualmente sotto inchiesta; l’arresto è stato eseguito secondo la normativa vigente. L’ambasciata italiana è stata informata e le è stato garantito l’accesso consolare e il contatto telefonico con la famiglia. 

Per liberare Sala qualsiasi ipotesi viene vagliata, compresa quella di uno “scambio triangolare” come già avvenuto in diversi altri casi analoghi, ossia la liberazione di prigionieri iraniani in altri Paesi, che potrebbero rientrare a Teheran solo dopo il rilascio della reporter romana. 

Un’operazione che potrebbe riuscire però solo grazie all’intervento degli Stati Uniti, in particolare per quanto riguarda la figura di Mohammad Abedini Najafabadi, il cittadino iraniano bloccato il 16 dicembre scorso, su ordine della giustizia americana, all’aeroporto milanese di Malpensa.  

Sembra quasi certo che l’arresto della giornalista italiana - entrata nel Paese con un regolare visto giornalistico - rappresenti una sorta di ritorsione per la cattura italiana di Abedini e, nonostante le richieste di Teheran per il rientro dell’uomo attraverso uno scambio con la reporter, questa opzione resta al momento bloccata.  

Le accuse americane contro l’iraniano, infatti, sono gravi (cospirazione e supporto materiale al corpo delle Guardie della rivoluzione islamica) ed è evidente una forte volontà da parte della magistratura americana di processare il trentottenne davanti a una propria corte, tanto che per questo ha già consegnato alla Farnesina la documentazione con la richiesta di estradizione. 

I tempi per un suo trasferimento, tuttavia, non sono brevi, e di mezzo c’è anche la visita a Roma del presidente statunitense uscente Joe Biden, che incontrerà il Papa in Vaticano il 10 gennaio prossimo.  

Intanto, il difensore di Najafabadi ha presentato istanza per chiedere gli arresti domiciliari, in attesa di nuovi sviluppi nella trattativa segreta che lo coinvolge.