SANTA MARIA CAPUA VETERE (Caserta) - Doveva lavorare un giorno, dare una mano per un evento. La comunità per minori stranieri in cui risiedeva lo aveva mandato a lavorare domenica scorsa in un ristorante e lì è stato ucciso da un altro straniero, che proprio di quella stessa comunità era stato ospite. L’omicidio è avvenuto nella cucina del ristorante della Masseria Adinolfi, una struttura immersa nel verde di Sant’Angelo in Formis, frazione di Capua, dove si svolgeva un evento con decine di persone.
La vittima è un 17enne originario del Gambia, Alagie Sabally, colpito con diversi fendenti dall’aiuto cuoco Pranto Hawlader, 21enne bengalese, che è stato fermato dai carabinieri su ordine della Procura sammaritana. È accusato di omicidio volontario, ma senza l’aggravante dei futili motivi, perché se banale è stata la ragione del violento alterco avvenuto tra i due, poi degenerato in colluttazione, il successivo omicidio potrebbe essere stato provocato dalla necessità del bengalese di difendersi dalle botte ricevute dal ragazzo. Il 21enne, sentito dai carabinieri e dai sostituti della Procura di Santa Maria Capua Vetere, Mariangela Condello e Gionata Fiore, coordinati dal procuratore Pierpaolo Bruni, non ha comunque ammesso alcun addebito, dicendo di essere svenuto perché colpito duramente dal 17enne, che a suo dire l’avrebbe afferrato anche alla gola.
E pure la proprietaria, intervenuta per provare a separare i due, rimediando delle lievi lesioni a un braccio, ha riferito di aver visto l’aiuto cuoco che brandiva un oggetto preso dalla cucina, ma di non averlo visto mentre colpiva la vittima. Restano dunque numerosi i punti interrogativi, come l’arma del delitto, che dovrebbe essere una forbice trovata in cucina, ma su cui però non sarebbero state rilevate impronte. Sembra inoltre che subito dopo il fatto sia stato chiamato prima il 118, mentre i carabinieri sono arrivati in un secondo momento, trovando una scena del delitto in cui gli elementi di prova non emergevano con nitidezza. La famiglia Adinolfi, assistita dall’avvocato Mauro Iodice, ha però diffuso una nota in cui confuta questa circostanza, spiegando che “i titolari della struttura hanno contattato nell’immediatezza dei fatti sia il 118 che i carabinieri”, e che insieme allo staff dell’agriturismo “hanno fornito ampia disponibilità agli organi inquirenti”.
Nessuno dei titolari dell’agriturismo, prosegue la nota, è stato raggiunto da avvisi di garanzia. Le indagini però proseguono, anche sul fronte delle normativa di lavoro: il bengalese sembra che lavorasse da tempo alla masseria, mentre per il gambiano era il primo giorno di lavoro, come ammesso dalla stessa famiglia Adinolfi. La vittima, si legge nella nota, è stata contattata tramite il responsabile della comunità per minori in cui risiede, a sua volta interpellato proprio dall’aiuto cuoco bengalese (che in passato era stato ospite della stessa comunità) cui serviva una persona in cucina per la giornata di domenica.