Comincerei col dire che mi ha fatto tanto piacere constatare che sia l’Australia che l’Italia hanno migliorato il loro bottino di medaglie rispetto agli ultimi Giochi di Tokyo.
Questa riflessione mi pare di grande importanza perché la mia ottica del significato più profondo dei Giochi olimpici (e della vita più in generale) non è tanto quello di “battere la concorrenza” (cioè le altre nazioni) bensì di “migliorare se stessi”.
A tal proposito ricordo che scrissi, oltre dieci anni fa, un articolo nel quale descrivevo una ipotetica Olimpiade degli anni 3000 nella quale l’assegnazione delle medaglie sarebbe avvenuta non in base ai risultati acquisiti rispetto agli altri ma ai miglioramenti fatti registrare rispetto a se stessi.
“Utopia”, griderebbero molti miei lettori. Ma io, inguaribile idealista quale ritengo di essere, vedo in una situazione del genere il più giusto atteggiamento da adottare rispetto alla vita; e le Olimpiadi sono senz’altro una metafora calzante della nostra vita, con tutti i suoi alti e bassi.
Infatti, se ci facciamo caso, sin dalla nascita ognuno di noi cerca di migliorarsi in ogni settore della nostra realtà allo scopo di aumentare la nostra possibilità di sopravvivenza. Insomma, più sapremo fare e più riusciremo a dominare il mondo che ci circonda.
Sin dalla nascita si sviluppa in ognuno di noi non solo la pulsione al dominio sul mondo che ci circonda ma anche il bisogno di affermare noi stessi rispetto agli altri.
Tale bisogno di autoaffermazione si può manifestare in noi o negativamente (attraverso processi distruttivi che mirano a farci sentire “superiori” rispetto agli altri) oppure tramite processi più costruttivi attraverso i quali non solo tendiamo a migliorare noi stessi ma riconosciamo anche il valore degli altri che, a loro volta e come noi, stanno cercando la propria affermazione.
Il fine costruttivo o distruttivo dell’autoaffermazione si manifesta in tanti settori della vita: nella politica, nello sport, e nel nostro modo di comportarci nel mondo del lavoro.
Il fine distruttivo della nostra autoaffermazione si coglie sia nella retorica negativa che adottiamo rispetto ai nostri avversari sia nella nostra scarsa disponibilità alla collaborazione e allo scarso riconoscimento del valore degli altri più in generale. Il fine costruttivo, invece, si rivela nella nostra disponibilità all’ascolto e all’apprezzamento delle opinioni e delle competenze dei nostri avversari e/o collaboratori.
L’educatore francese Pierre De Coubertin, co-fondatore del Comitato olimpico, ha ben espresso i suddetti valori attraverso alcuni suoi detti ritenuti famosi come segue:
• La cosa più importante nella vita non è quella di vincere bensì di combattere;
• La cosa più importante dei Giochi olimpici non è il vincere ma il partecipare;
• L’Olimpismo non è un sistema ma un modo di essere;
• Il cuore del nostro problema risiede nell’egoismo del nostro cuore.
Alcune ultime considerazioni sui Giochi di Parigi. Credo che i francesi abbiano teso a strafare nella cerimonia di apertura dei Giochi. Ne è venuta fuori un pot-pourri schizofreniforme di presentazioni artistiche difficile da digerire per lo spettatore medio.
Mi è sembrato che troppa enfasi sia stata data al creare uno stato di meraviglia nello spettatore anziché cercare di veicolare in modo più semplice alcuni concetti sublimi ed essenziali dei valori che vengono rappresentati nei Giochi olimpici.
Comunque sia, brava Australia, brava Italia... e brave tutte le nazioni che hanno partecipato.