ROMA - “Il fatto non costituisce reato”, con questa formula, dopo una breve camera di consiglio, il giudice monocratico del Tribunale di Roma ha dichiarato il non luogo a procedere per Donatella Di Cesare, docente di filosofia alla Sapienza di Roma, che era accusata di diffamazione dopo una querela presentata dal ministro dell'Agricoltura, Francesco Lollobrigida. Dopo la lettura del dispositivo la docente, presente in aula, non ha trattenuto le lacrime.
“Sono molto soddisfatta perché ho vissuto il processo come una grande ingiustizia, perché il mio era un commento, un parallelo storico e non doveva essere un motivo per un processo”, ha commentato a caldo e mostrando la bandiera tricolore dell'Anpi per poi aggiungere: “veramente mi dispiace e mi preoccupa questa tendenza a criminalizzare il dissenso, le voci critiche. Perché l'Italia democratica non merita questo”.
I fatti risalgono a un anno fa, al 18 aprile 2023, quando Lollobrigida in un intervento pubblico disse: “Non possiamo arrenderci alla sostituzione etnica. Gli italiani fanno meno figli, quindi li sostituiamo con qualcun altro. È necessario costruire un welfare che permetta di lavorare e di avere una famiglia, sostenendo le giovani coppie a trovare l'occupazione”.
Parole che scatenarono immediate polemiche e reazioni. La sera dello stesso giorno, nel corso del talkshow DiMartedì, interpellata dal conduttore, la Di Cesare affermò che “la sostituzione etnica è un mito complottistico” presente nelle “pagine del Mein Kampf, è il cuore dell'hitlerismo”, sostenendo “che le parole del ministro non possano essere prese per uno scivolone, perché ha parlato da Gauleiter, da governatore neohitleriano”.
Lollobrigida ha denunciato la docente nonostante Di Cesare, già al centro di una bufera mediatica per un post poi cancellato subito dopo la morte della br Barbara Balzerani, avesse chiarito che si trattava di “un’opinione basata sui miei studi di anni su questo argomento”.
Nel corso dell'udienza il difensore dell'imputata, l'avvocato Mario Casellato, argomentando la richiesta di proscioglimento, ha affermato che “querele non si presentano su una cosa di questo genere: non si doveva arrivare a processo, questa indagine andava archiviata. Il ministro nel corso di quel suo intervento pubblico ha usato un termine orribile. Lui stesso, alcuni giorni dopo, ha ammesso di non conoscerne il significato. Di Cesare non lo ha offeso, ha solo spiegato cosa sia la sostituzione etnica”.