Un cantante popolare e appassionato le cui canzoni hanno catturato il tumulto politico del suo Paese”: inizia così l’omaggio ‘americano’ a Lucio Dalla (nella foto con il collega e concittadino Gianni Morandi) nella recensione pubblicata sul prestigioso New York Times. A poco più di una settimana dall’anniversario della morte, avvenuta a 68 anni, il primo marzo del 2012, il quotidiano newyorchese recensisce l’uscita del documentario “per Lucio” dedicato a Dalla da Pietro Marcello.
Si tratta di un’ampia recensione del critico A. O. Scott che esalta le canzoni del cantautore bolognese definendole “rapsodiche e discorsive, polemiche e osservanti: spesso nell’arco di una sola strofa”. Un ritratto lusinghiero e appassionato della poesia dell’artista emiliano, incentrata anche sulle caratteristiche di musicalità di una lingua, l’italiano, diversa da quella dal critico americano.Secondo Scott, la voce di Dalla “poteva passare dall’intimità colloquiale, alla passione a tutto volume altrettanto rapidamente”. Sembra di riconoscere tanti passaggi dei grandi classici del cantautore nato il 4 marzo del ‘43, come nella sua canzone omonima.
“Grassoccio e irsuto, con una predilezione per i cappelli morbidi e gli occhiali rotondi, non somigliava molto a una pop star - continua Scott - un clarinettista jazz che si è reinventato come cantautore, è diventato comunque uno dei trovatori più amati d’Italia negli ultimi decenni del XX secolo”. Ma è anche il percorso intellettuale degli esordi dell’artista bolognese a colpire il critico del Times, e parte del documentario citato, gli inizi del suo percorso musicale che negli anni ‘70 si miscelava al teatro, alla protesta sociale di quegli anni, mantenendo sempre quel doppio binario, molto raro e universalmente riconosciutogli dalla critica in patria, che riusciva a rappresentare la musica popolare italiana, senza scinderla da livelli più ‘alti’ del linguaggio e dal racconto dell’epoca che stava vivendo e dalle idee.
Così O.A.Scott: “Un intellettuale schietto che potrebbe essere malizioso, ardente o gnomo, le cui canzoni hanno catturato sia lo spirito esuberante della cultura popolare italiana che l’agonia politica e le turbolenze sociali del paese negli anni ‘60 e ‘70”.