NAPOLI - “Un marchio indelebile di ignominia sulla coscienza del clan Di Lauro”: è stato lapidario il pm antimafia napoletano Maurizio De Marco che, nel corso della requisitoria al processo che nel capoluogo regionale campano vede alla sbarra due componenti del commando che rapì e uccise Gelsomina Verde nel corso della prima faida di Scampia, ha chiesto 30 anni di carcere per Luigi De Lucia e Pasquale Rinaldi, alias “o Vichingo”, arrestati il 27 luglio dello scorso anno.
Secondo la ricostruzione degli inquirenti, Gelsomina venne prelevata e portata nel luogo dove poi venne assassinata da tre persone: una si sedette sul lato passeggero della sua automobile e le altre due, gli attuali imputati, in possesso dell’arma usata per il delitto, seguirono la vettura della Verde fino al luogo dove venne assassinata, a colpi di pistola, da De Lucia.
Il gruppo criminale dei Di Lauro riteneva - erroneamente - che Gelsomina sapesse dove si stava nascondendo Gennaro Notturno, detto “o’ sarracino”. La ragazza, invece, non era a conoscenza di questa informazione, negò ma non fu creduta. I sicari però non potevano lasciarla andare e a questo punto decisero di ucciderla. Poco dopo si accorsero di avere commesso un grave errore e diedero fuoco all’auto della vittima con all’interno il suo cadavere.
Cosimo Di Lauro, figlio di Paolo, detto “Ciruzzo o’ milionario”, morto in carcere qualche anno fa, offrì 300.000 euro alla famiglia, proprio per tentare di lavare la macchia che l’omicidio di Gelsomina aveva impresso sulla coscienza del clan.