MONTEVIDEO – Raccontare il calcio per esplorarne anche il lato umano e sociale: è la cifra distintiva di Luca Caioli, giornalista e scrittore sportivo tra i più autorevoli d’Europa. 

Nato a Milano nel 1958 e residente a Madrid dal 2001, Caioli vanta oltre tre decenni di carriera internazionale: ha seguito i principali eventi sportivi per testate come La Repubblica, La Gazzetta dello Sport, Rai 3, Granada TV, Euronews (dove è stato caporedattore sportivo) e, in Spagna, collabora con La Sexta, Cadena Ser, Onda Cero, Marca e Corriere della Sera. 

Autore di bestseller tradotti in più di quaranta lingue e oltre un milione di copie vendute, è considerato il grande biografo delle stelle del calcio mondiale, con titoli dedicati a Ronaldinho, Messi, Cristiano Ronaldo, Neymar e Luis Suárez. 

In un’intervista con Il Globo, il celebre biografo ha raccontato dettagli interessanti sul suo lavoro: le motivazioni che lo guidano nella scelta dei giocatori da raccontare, il legame speciale tra Uruguay e Italia nel calcio, oltre a svelare i retroscena che rendono alcune carriere davvero straordinarie. 

Non c’è un motivo particolare che motivi la scelta di un calciatore piuttosto che un altro, spiega Caioli: “Ce ne sono stati tanti che hanno delle storie molto interessanti da raccontare. Io cerco sempre una storia, ovviamente legata anche a un esito sportivo. E ovviamente un personaggio che possa avere un grande futuro. Scommisi all’epoca su Messi. E ovviamente Messi è durato e dura”.

L’ultimo libro pubblicato dal giornalista riguarda Lamine Yamal, giovane talento del Barcellona: “Spero che arrivi ai livelli di Messi”. 

Sullo storico rapporto tra Uruguay e Italia, Caioli ha sottolineato il legame culturale e calcistico che ha portato molti calciatori uruguaiani a fare carriera in Serie A: “C’è questo doppio vincolo: da una parte gli italiani emigrati a partire dai primi dell’Ottocento hanno contribuito in maniera importante allo sviluppo del calcio e alla cultura uruguaiana”, spiega Caioli. Mentre dall’altra parte “i figli o i nipoti degli immigrati in Uruguay sono quelli che poi finiscono a giocare nel Peñarol o nel Nacional”. 

Caioli ricorda che “Gianni Brera, famosissimo giornalista sportivo, diceva che a partire dagli anni ‘20, ma soprattutto dagli anni ‘30, i calciatori uruguaiani hanno insegnato calcio in Italia. (...) Ricordiamoci che nei mondiali del ‘34 e del ‘38 ci sono giocatori che hanno vinto con la Celeste nel 1930 per poi vincere con la maglia azzurra dell'Italia”. 

Lo scrittore sportivo spiega che i giocatori uruguaiani si distinguono per la “garra, competitività e capacità di gestire uno sforzo”, e aggiunge: “Gran parte dei giocatori uruguaiani che sono finiti in Italia ritornano con un bagaglio interessante. Sono pochi i casi di giocatori che hanno fallito. (...) Diciamo che il giocatore uruguaiano è un prodotto sicuro, per dirla in maniera commerciale”. Tra i nomi che hanno lasciato un segno indelebile in Italia, Caioli cita Schiaffino, Ghiggia, Enzo Francescoli e Paolo Montero. 

A proposito della carriera di Luis Suárez, Caioli ha raccontato di essere rimasto colpito dalla storia personale del calciatore: “È un racconto di un riscatto incredibile. La vita è durissima per lui ed è un grandissimo sforzo per lui riuscire ad arrivare dove è arrivato. Poi c’è questa storia d'amore bellissima per sua moglie che comincia quando ha 15 anni (...) I due si separano, ma poi lei arriverà a seguirlo nella sua avventura olandese”. 

Alla domanda sull’influenza dei social media nella carriera e nell’immagine dei grandi dello sport, Caioli riflette che “cambia moltissimo il modo in cui si raccontano le loro storie. Lamine Yamal ha diciott’anni e praticamente ogni giorno è su Instagram. Pensiamo a milioni di followers di Cristiano Ronaldo. O a Luis Enrique su Twitch durante il mondiale di Qatar, che rispondeva alle domande dei tifosi in diretta”. 

Il giornalista ha anche sottolineato il valore del calcio come ponte culturale: “Lo sport in generale, il calcio in particolare, è un agglutinatore di gente, un integratore sociale: oggi puoi vedere l’ultima partita del campionato cinese, di terza divisione. Il calcio è diventato ancora più globale, uno strumento di coesione e di ponte fra diversi paesi”. 

Infine, Caioli racconta i diversi modi in cui i Paesi vivono il calcio confrontando le differenze culturali: “Ci sono tempi e modi diversi”. In Francia il calcio esplode nel 1998, “quando les Bleus con Zidane vincono il mondiale”. In Inghilterra “c’è una cultura calcistica impressionante”, come in Italia dove “la follia del calcio dura da secoli. In Spagna succede lo stesso. L’impatto di un clásico (derby) è incredibile non solo in Spagna, ma in tutto il mondo”. 

Infine, rispondendo alla domanda su quale giocatore uruguaiano o italiano vorrebbe ancora raccontare, Caioli dice che desidera completare la biografia di Luis Suárez, che ritiene “un personaggio di grandissimo interesse e enormemente amato”. 

Con oltre un milione di copie vendute e una sensibilità nel cogliere l’essenza dei campioni, Luca Caioli continua a trasformare il calcio in racconto universale. Le sue biografie non sono solo cronache sportive, ma storie personali, di passioni e di culture che si intrecciano.