Intanto una buona notizia: “Il sequel di ‘Chiamami col tuo nome’ si farà, ci sto lavorando, anche se è presto parlare di set”, dice Luca Guadagnino, confermando il progetto atteso moltissimo dai giovani che del film del 2017, tratto dal romanzo di Andrè Aciman, hanno fatto un cult e reso il protagonista Timothée Chalamet uno dei beniamini della generazione.
Il cineasta-autore-produttore era a Venezia per presentare il cortometraggio girato durante il lockdown, “Fiori, fiori, fiori” e il documentario fuori concorso “Salvatore-Shoemaker of dreams” dedicato alla straordinaria avventura di Ferragamo (uscirà in sala nel 2021) e fino al 26 settembre è presidente della giuria del Festival di San Sebastian durante il quale in prima mondiale si è visto il suo debutto nelle serie televisiva, “We are who we are”.
Il COVID-19, seppure cambia regole di produzione e sensibilità, non lo ferma davvero. “Stiamo combattendo a mani nude contro chi vuole dirci che il cinema abbia un futuro di streaming, io sono dalla parte di chi ritiene che l’esigenza fondamentale della condivisione nella sala buia sarà invece sempre più potente e sono grato ai festival per sostenere il cinema al cinema, un vero e proprio endorsement come quello che hanno fatto Alberto Barbera e Roberto Cicutto a Venezia 77. Quando sono stato invitato a San Sebastian non ho avuto un attimo di esitazione, anche se in Spagna la pandemia non è certo ferma, ma credo che bisogna esserci. Il COVID-19 mi sta cambiando? Certo, il rapporto con la creatività non è lo stesso, si viaggia meno, ci sono tante regole, io stesso sono in crisi per mettere in scena le scene d’amore e di passione, ma certo non mi fermo per questo”.
Nel lockdown è “aumentato in maniera universale il desiderio di muoversi. Io ero a Milano, soffrivo anche per motivi privati la situazione e mi è salito fortissimo il desiderio di tornare nei luoghi della mia infanzia - racconta Guadagnino - e bussare alle porte di persone care. Sono sceso in Sicilia, sono andato a Canicattì, in provincia di Agrigento, dove sono cresciuto ed è stato rigenerante”.
Nel corto si vede un Guadagnino emozionato come un bambino di rivedere volti familiari, luoghi, persino odori.
In “Salvatore-Shoemaker of dreams”, Guadagnino racconta il designer delle scarpe con un’incredibile abbondanza di materiali d’archivio rintracciati a Firenze in casa Ferragamo a Palazzo Spini Feroni, ma anche a Hollywood dove il ciabattino dello sperduto Bonito in provincia di Avellino “venuto dal meno di nulla”, come dice la figlia Giovanna, emozionata come il fratello Leonardo, è amato e riconosciuto tra i pionieri dell’industria cinematografica dell’epoca d’oro, da Martin Scorsese ai più noti critici.
Il film è un tesoro di informazioni, aneddoti, curiosità, dalle prime scarpe per le sorelle ai piedi delle divine del cinema, alla maniacalità artigianale che è una delle tante eredità portate avanti dalla famiglia. “E’ stato un genio”, ribadisce Guadagnino, “pioniere di sostenibilità con l’utilizzo di materiali d’avanguardia dettati dalle necessità del dopoguerra - aggiunge la figlia Giovanna - il sughero, la rafia, la corda, persino la carta”. Vedere quei modelli storici, come le scarpe con la zeppa o le ballerine, fa effetto per come sono attuali ancora oggi, “forme che dovevano essere belle ma anche comode, che è sempre stato un suo pallino”.
Per la famiglia dello stilista (1898-1960), “far conoscere la storia di nostro padre, straordinaria testimonianza di creatività imprenditoriale, era un sogno”.
Il legame di Guadagnino con la moda è noto: “Ancestrale, archetipico, ho imparato ad amarla osservando il guardaroba di mia madre e di mia zia, la moda ha la capacità incredibile di anticipare i desideri, persino crearli. Certo, è anche business e in questo il sistema moda con la sua dittatura del cambiamento è diventata anche altro su cui bisognerebbe riflettere. Il cinema per me non ha le risonanze immaginifiche per competere con il linguaggio della moda”.
Il caso di Ferragamo per certi versi è esemplare: “I giovani conoscono il marchio, è uno dei loro preferiti, sanno anche che alcune invenzioni legate alle sneakers si devono alla sua creatività”. E forse anche per questo che il progetto con la casa di Firenze avrà uno sviluppo, è stato detto. Ma oggi Salvatore cosa direbbe della fast fashion? “Punterebbe sui giovani talenti, sulla creatività”, risponde Giovanna Ferragamo. Il legame tra Guadagnino e lo stilista è “nella ricerca della bellezza, con incredibile modestia. Ha sempre vissuto la sua vita come un outsider, qualcuno fuori dal coro. E in questo mi sento per il cinema proprio come lui”.