Lucio Dalla, il piccolo grande uomo della musica italiana, se ne andava a Montreux in Svizzera il 1 marzo 2012, il giorno dopo essersi esibito e pochi giorni prima del suo 69º compleanno, il 4 marzo (1943), una data fondamentale per la memoria musicale del nostro Paese. La scomparsa di un personaggio come Dalla era un evento che andava ben al di là dell’universo della canzone, era un lutto per la cultura italiana che perdeva un’intelligenza fuori dagli schemi, oltre che uno dei più grandi artisti degli ultimi decenni. 

Cinquant’anni di musica, canzoni e intuizioni geniali, una carriera iniziata a Bologna come enfant prodige del clarinetto che per il suo talento suscitava l’invidia del suo amico Pupi Avati, un talento che l’Italia scopre nel 1971, grazie a “4/3/1943”, un brano che avuto un’importanza fondamentale per cambiare le carte della canzone italiana. Dopo gli album capolavoro realizzati con il poeta Roberto Roversi (sono gli anni di “Nuvolari”), nel 1977 con “Com’é profondo il mare” arriva il successo da star, destinato a crescere con gli album “Dalla” e “Lucio Dalla” e canzoni come “Futura”, “Cara”, “Anna e Marco”. Nel frattempo insieme a Francesco de Gregori e Ron conduce Banana Republic, il tour che per la prima volta porta i grandi della musica d’autore negli stadi. Trent’anni dopo i due tornano in tour insieme, ma senza alcun atteggiamento nostalgico, un modo d’essere totalmente agli antipodi della personalità dell’artista bolognese, che è sempre stato un personaggio imprevedibile, dotato di un senso dell’umorismo surreale e di un particolarissimo gusto per la provocazione. 

E’ stato autore di super hit come “Attenti al lupo” e di super classici come “Caruso”, di capolavori poco compresi come “Henna”, regista di opere liriche, autore e protagonista di spettacoli televisivi, una sorta di nume tutelare della scena musicale bolognese, uno scopritore di talenti, un uomo animato dalla curiosità e dal gusto per le scoperta. E’ stato ed è davvero difficile accettare che Dalla non c’è più.