ROMA - Nella due giorni della Ukraine Recovery Conference (Urc) a Roma, Kiev non ha mai smesso di sottolineare la necessità di includere in qualunque sforzo di ricostruzione anche i territori sulla linea del fronte o addirittura sotto occupazione. E questo nonostante l’intensificarsi degli attacchi russi e l’incertezza su un possibile piano di pace guidato dagli Stati Uniti, che includa concessioni territoriali, siano stati gli elementi di sottofondo dei lavori alla conferenza co-organizzata dall’Italia. 

All’ingresso della Nuvola all’Eur, sede dell’evento che ha visto riuniti i grandi donatori europei e i vertici delle istituzioni ucraine, i primi stand che accolgono i partecipanti sono quelli delle Regioni di Lugansk e Donetsk, per la gran parte sotto il controllo russo, e della Missione del presidente ucraino in Crimea, la penisola annessa da Mosca oltre 10 anni fa. Accanto a loro, il ministero dello Sviluppo delle comunità e dei territori ucraini, che guida gli sforzi della ricostruzione. 

A capo del dicastero, c’è Oleksii Kuleba, vice primo ministro, e che dalla Urc di Roma ha ribadito con forza che Kiev non intende abbandonare i cittadini che vivono sotto occupazione, né quelli rimasti nelle zone dove infuriano le ostilità: qualsiasi piano di ricostruzione, in questa fase, “deve tenere presente anche i loro diritti e le loro esigenze”, ha chiarito.

“Dobbiamo concentrare la nostra attenzione sui territori della linea del fronte”, ha dichiarato Kuleba in un panel cui ha partecipato con il viceministro degli Esteri, Edmondo Cirielli.  

“Si tratta di piccole cittadine, vicine alla zona dei combattimenti, dove la popolazione ha bisogno di case, trasporti e servizi di base come gli ospedali. Oppure le scuole, da organizzare online o costruire sottoterra – ha spiegato Kuleba – È qui che si concentrano le nostre politiche di recupero”.

Ha poi sottolineato che, per attrarre investimenti anche in queste zone “più rischiose”, il governo ucraino ha studiato condizioni agevolate. “Se si vuole investire in una zona del genere si avranno condizioni preferenziali e i profitti raddoppieranno” rispetto a chi investe in zone sicure, ha sottolineato il ministro.  

Con il 19% del territorio nazionale ancora occupato, la questione abitativa è cruciale per l’85% dei 4 milioni di sfollati interni, secondo dati ufficiali. “Oltre il 67% degli sfollati interni è costretto a spendere più della metà delle entrate familiari per un affitto, con un forte impatto sulla possibilità poi di soddisfare bisogni primari come cibo e cure mediche”, ha spiegato Vadym Boichenko, il sindaco di Mariupol, nella regione di Donetsk, sotto occupazione dai primi mesi della guerra. 

“Abbiamo un progetto di sviluppo ispirato a modelli europei”, ha riferito Kuleba, portando come esempio “l’‘esperimento” approvato di recente dal Consiglio dei ministri per la fornitura di alloggi ad affitto calmierato o con mutui agevolati per gli sfollati interni da Mariupol, ma a Bila Tserkva, nella regione di Kiev.

“Gli alloggi comunali saranno assegnati attraverso uno schema trasparente”, ha assicurato Kuleba, con priorità alle famiglie di militari, prigionieri di guerra, caduti, famiglie numerose e persone con disabilità. Per Bakhmut, uno dei simboli della resistenza ucraina e oggi sotto il controllo russo, c’è addirittura il piano di “clonare” la città a oltre mille chilometri di distanza. Il capoluogo dell’oblast di Donetsk è stato uno degli epicentri dei combattimenti fin dall’inizio della guerra.  

“Vogliamo ricostruire una piccola copia di un quartiere nella regione di Rivne, a Hoshcha”, spiega Karyna Pohorieleva, del Consiglio comunale di Bakhmut. “La gente, soprattutto disabili e anziani, sta soffrendo perché non riesce a pagare un affitto o perché deve spostarsi in continuazione alla ricerca di un alloggio”, fa notare la funzionaria.

Al momento il progetto è solo sulla carta, “abbiamo la terra e stiamo cercando investitori, ma non è facile perché quando gli imprenditori capiscono che si tratta di un progetto sociale perdono interesse”, ammette Pohorieleva. 

Anche nella regione di Lugansk, occupata al 99,9% dai russi, l’obiettivo primario sono progetti di alloggi sociali. Come spiega Alisa Mishchenko, vicecapo dell’amministrazione militare della città di Rubizhne, alla Conferenza di Roma si è registrato un “notevole interesse” da parte di investitori privati nel progetto di alloggi temporanei per sfollati interni, da costruire nella regione della Transcarpazia: “Al momento due progetti sono stati realizzati dalla Croce Rossa, ma abbiamo incontrato l’interesse di aziende tedesche, americane e turche”. 

Secondo un rapporto dell’Ispi (Istituto per gli studi di politica internazionale), oltre un terzo dei costi stimati per la ricostruzione dell’Ucraina, quasi 200 miliardi di dollari, ricadrebbe sulla Russia, se l’Ucraina fosse costretta a cedere il controllo delle quattro regioni contese da Mosca — Kherson, Zaporizhzhia, Donetsk e Lugansk — nell’ambito di un eventuale accordo per porre fine alle ostilità. Il timore — fa notare il quotidiano britannico Guardian — è che il futuro dell’Ucraina possa essere caratterizzato non solo da una divisione politica, ma anche da un divario in termini di ricchezza e crescita economica, con i territori orientali controllati dalla Russia che probabilmente soffriranno in modo significativo.