WASHINGTON - Domenica 26 gennaio, i bielorussi sono convocati alle urne per le presidenziali destinate a consegnare all’uomo forte di Minsk, Aleksandr Lukashenko, il suo settimo mandato consecutivo.  

Le precedenti elezioni, nell’agosto 2020 - segnate dall’esclusione dei candidati di opposizione e da accuse di brogli massicci - si conclusero con le più grandi proteste della storia moderna del Paese, ma anche con la più feroce repressione, che va ancora avanti.

Nel corso di quattro anni e mezzo, decine di migliaia di bielorussi sono stati detenuti, interrogati, picchiati, multati, condannati, privati del lavoro e altre centinaia di migliaia hanno lasciato il Paese.  

Stretto alleato politico e militare del leader russo Vladimir Putin, Lukashenko - che governa il Paese dal 1994 - avrà quattro rivali, ritenuti solo di facciata: il fatto stesso che abbiano potuto partecipare alle elezioni dimostra che le autorità non li considerano pericolosi. 

La figura considerata più “di opposizione” è Anna Kanopatskaya, ex deputata che nel 2020 partecipò alle presidenziali, ottenendo ufficialmente il terzo posto e l’1,68% dei voti. Kanopatskaya promette di rilasciare i prigionieri politici, senza però chiamarli con questo nome e senza criticare chiaramente Lukashenko.  

Il primo segretario del Partito comunista bielorusso Serghei Syrankov, invece, ha detto di candidarsi “non al posto, ma insieme al presidente”: ha proposto di aprire procedimenti penali contro membri della comunità Lgbtq+ e di restaurare i monumenti a Stalin.  

Altro aspirante capo di Stato è il leader del Partito liberal-democratico Oleg Gaidukevich. Viene definito “rivale ereditario” di Lukashenko, perché suo padre partecipò tre volte a campagne elettorali; ritiene che “dovrebbero esserci solo patrioti” alle elezioni, in modo che “i nemici guardino i candidati presidenziali e capiscano: non possiamo prendere nulla da questo Paese”. 

Infine, il capo del Partito repubblicano del lavoro e della giustizia, Aleksandr Khizhnyak, il più “invisibile” dei candidati, come lo definisce il sito indipendente russo Meduza. Non parla quasi in pubblico. Il suo partito ha meno di 200 iscritti su Telegram e non è presente su altri social network 

L’opposizione si rifiuta di parlare di elezioni e ha chiesto ai bielorussi di esprimere il voto contro tutti o di boicottare i seggi. Non c’è motivo per ritenere che Lukashenko non venga rieletto, l’unica incognita è quale sarà la percentuale dei suoi voti: in tutte le precedenti elezioni, il suo risultato si è aggirato intorno all’80%. Il dato è lo stesso dalle presidenziali del 1994, che si ritiene siano state le ultime elezioni libere nella storia moderna della Bielorussia.