GINEVRA – Gli Stati membri hanno infatti visioni opposte su che linea tenere con Israele (e in misura minore con gli Stati Uniti) e dunque sembrano procedere in ordine sparso, paralizzando Bruxelles.
Davanti a Donald Trump che chiede “la resa incondizionata” dell’Iran, l’Ue balbetta, ricordando che “il cambio di regime” non rientra nella posizione “concordata” tra i 27. E poi, ci sono le parole del cancelliere tedesco Frederich Merz, secondo cui Israele sta facendo il “lavoro sporco” per conto dei suoi alleati.
L’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri Kaja Kallas si è leggermente sbilanciata ed è finita sulla graticola al Parlamento europeo nel corso del dibattito sul “fermare il genocidio a Gaza” per presunta inazione, si è completamente lasciata andare.
“Parlate come se io fossi l’unica responsabile di quello che succede a Gaza – ha dichiarato –. Io però qui non rappresento me stessa ma i 27 Stati membri: se spettasse a me decidere personalmente, io una decisione la prenderei e invece non posso perché serve l’unanimità”, ha sottolineato riferendosi appunto al tema delle sanzioni ai coloni violenti.
“Questa è la mia frustrazione e se portassi la proposta al Consiglio forse mi sentirei meglio, ma so che non passerebbe e mostrerebbe la nostra divisione”, ha detto ancora, visibilmente turbata.
Intanto, è avvenuto l’atteso vertice di Ginevra tra la delegazione europea e Teheran che sembrava avesse riacesso lo spiraglio dei negoziati sulla guerra in Medio Oriente, prima dell’attacco degli Stati Uniti alle basi nucleari iraniane. L’obiettivo di Francia, Gran Bretagna, Germania e Unione Europea tutta era innanzitutto che la diplomazia tornasse a farsi spazio tra le bombe. Ma il vertice di Ginevra non poteva essere risolutivo.
Il ministro degli Esteri Abbas Araghchi non ha chiuso le porte agli europei. Ha concesso una sia pur minima apertura sul programma nucleare iraniano. A lui, la controparte europea ha portato una proposta che andasse oltre il nucleare e che toccasse anche lo stop al sostegno militare dell’Iran alla Russia e a gruppi terroristici come Hamas.
La proposta avanzata da Barrot, dal britannico David Lammy, dal tedesco Johann Wadephul e dall’alto rappresentante Ue, Kaja Kallas, non riguardava infatti solo il nucleare ma la stabilità del Medio Oriente e la sicurezza di Israele. Un punto che per l’Occidente resta e resterà “una priorità”.
Sul nucleare la delegazione europea si è seduta al tavolo con una posizione chiara: l’Iran non potrà mai avere l’atomica. Da parte sua, Teheran ha messo sul piatto “possibili concessioni” sul programma nucleare, inclusa quella di porre dei limiti all’arricchimento dell’uranio.
L’Aiea, ha assicurato il direttore Rafael Grossi, “può garantire, attraverso un sistema di ispezioni inconfutabili, che in Iran non verranno sviluppate armi nucleari”.