MADRID – Appare ormai appesa a un filo la sorte del primo ministro spagnolo, Pedro Sánchez, il cui Partito socialista continua a essere travolto da un’ondata di casi di corruzione che coinvolgono figure di sempre maggiore spicco. A poco sono servite le scuse pubbliche ai cittadini di giovedì scorso, quando Sánchez ha cercato di dissociarsi dallo scandalo che ha coinvolto il numero tre del Psoe, Santos Cerdán, accusato di aver intascato tangenti in cambio di appalti nei lavori pubblici.

Politico abile, sopravvissuto a più di un’elezione anticipata e a indagini giudiziarie che sono giunte a coinvolgere persino sua moglie Begoña Gómez, la cui posizione è stata di recente archiviata, Sánchez, al potere dal 2018, ha escluso con forza l’eventualità di tornare alle urne. A chiedere il voto non è più, però, solo l’opposizione, il cui capo, il leader dei popolari, Alberto Núñez Feijóo, gli ha chiesto di dimettersi, affermando che “la sopravvivenza non è più un’opzione”. 

Sia tra gli alleati della coalizione di sinistra Sumar sia tra i socialisti stessi crescono coloro che vorrebbero un passo indietro del Premier per evitare che le prossime elezioni, previste nel 2027, si trasformino in un tracollo senza precedenti. Lunedì scorso Sánchez ha decapitato i vertici del Partito socialista e ha nominato una squadra di transizione in attesa del congresso previsto a luglio.

È però molto complesso per il Primo ministro prendere le distanze da una personalità a lui vicinissima come Cerdán, capo della segreteria del Psoe, il cui predecessore, l’ex ministro dei Trasporti José Luis Ábalos , altro uomo di fiducia di Sánchez, era stato travolto da una serie di accuse che andavano dall’aver lucrato sulle forniture di mascherine durante la pandemia di Covid-19 all’aver piazzato le sue amanti in posizioni di responsabilità nonostante non avessero alcun titolo per ricoprirle.

Sarebbe lungo e complesso riepilogare la fitta rete di inchieste tra loro intrecciate che hanno coinvolto il Psoe durante tutti i mandati di Sánchez. I media spagnoli, per sintesi, utilizzano la formula ‘caso Koldò, dal nome dell’ex braccio destro di Ábalos, Koldo García  Izaguirre, arrestato l’anno scorso insieme alla moglie e ad altre 18 persone accusate di aver sfruttato i loro legami con Ábalos per ottenere contratti pubblici.

Non mancano le ramificazioni internazionali, la più clamorosa delle quali riguarda la vicepresidente venezuelana Delcy Rodríguez, che, nonostante le sanzioni internazionali lo proibissero, il 20 gennaio 2020 atterrò all’aeroporto di Madrid con un volo privato e incontrò Ábalos per chiedergli di annullare l’imminente visita in Spagna di Juan Guaidó, allora capo dell’opposizione al regime di Nicolás Maduro.

Sánchez inizialmente affermò di non sapere nulla dell’incontro, che riguardò anche la compravendita di una partita di lingotti d’oro, ma, smentito dai documenti rivelati dalla Guardia Civil, si difese affermando di aver evitato una crisi internazionale.

Pochi leader avrebbero resistito a una simile ondata di torbidi. Sánchez non solo ci è riuscito ma è anche stato in grado di restare alla Moncloa nonostante le ultime elezioni parlamentari, nel 2023, fossero state vinte sulla carta dal Partito popolare, rivelatosi però incapace di mettere in piedi una maggioranza. 

Da allora l’esecutivo di minoranza guidato da Sánchez va avanti grazie all’appoggio esterno dei partiti indipendentisti, con le loro esose richieste. È proprio con questi ultimi che il Premier ha avuto un incontro nelle scorse ore per assicurarsene nuovamente i voti in caso di mozione di sfiducia.

Né i baschi di Bildu e Pnv né i catalani di Erc né Coalición Canarias hanno però garantito il loro cruciale sostegno.Anche Sumar potrebbe sfilarsi. In polemica con una situazione definita “vergognosa”, la vicepremier Yolanda Díaz  e altri due ministri hanno disertato la plenaria del Congresso.