Il presidente dei Marinai d’Italia, Mario Quinto Barone, si è spento nelle scorse settimane all’età di 91 anni lasciando un grande vuoto nel mondo dell’associazionismo italiano di Sydney che lo ha visto, a partire dagli anni ‘50, fra i protagonisti più attivi e impegnati in diverse iniziative nel campo sociale, assistenziale e sportivo.

Il suo ricordo è impresso in centinaia di foto di eventi e celebrazioni che hanno accompagnato la vita della comunità italiana lungo un duro percorso di integrazione e crescita cominciato proprio negli anni del suo arrivo.

Settimo di 11 figli, Mario nasce in provincia di Chieti nel 1929 da un padre che, mutilato durante il primo conflitto mondiale, è insignito della croce di cavaliere dell’Ordine di Vittorio Veneto.

Il sacrificio e l’esempio del genitore spingono il giovane Mario ad arruolarsi volontario nella Marina Militare non appena compiuti 18 anni. Un’esperienza che dura solo qualche anno non per mancanza di passione, ma per la consapevolezza della scarsità di prospettive che Mario intuisce nonostante la giovane età.

A 27 anni, sposato con Felicetta compagna di una vita, Mario lascia l’Italia per tentare fortuna in Australia.

Arriva a Sydney nel 1956. Non appena sbarcato cerca di consolidare la sua situazione economica perché ha nel cuore un solo desiderio: far arrivare in Australia la sua dolce metà che, come tante spose dell’epoca, attende con ansia il via libera per raggiungere il marito oltreoceano.

A Mario il lavoro non fa paura e si getta a capofitto in quel mondo manifatturiero che sta per vivere il suo momento d’oro in Australia.
 Inizia in una fabbrica di marmellata, poi passa alla catena di montaggio dei giocattoli e, dopo una parentesi nell’EPT, compagnia che sta in quegli anni sviluppando la rete elettrica in Australia, arriva alla posizione che più gli si addice: l’immobiliare.

Dopo 27 anni passati a farsi un nome nel settore, Mario diventa partner della compagnia per cui aveva lavorato aprendo e dirigendo una succursale ad Ashfield.

Consapevole delle difficoltà degli emigrati che in quegli anni sbarcavano a migliaia dalle navi in arrivo dal Bel Paese, Mario è parte attiva nel gettare le basi per il sostegno alla comunità italiana che sta crescendo. Entra nel primo comitato del Co.As.It., l’ente che allora come ora si occupa del supporto agli emigrati italiani e della diffusione della lingua e della cultura del Bel Paese, dimostrando quanto quel fine sociale fosse parte integrante dei suoi valori di uomo e di emigrato impegnato, fra l’altro, nella divulgazione dei suoi ideali anche attraverso articoli su questo giornale e interventi radiofonici nelle trasmissioni condotte in quegli anni da Mamma Lena.

Come ogni italiano, seppur emigrato e lontano da casa, Mario non hai mai perso la passione per il calcio, da qui il suo impegno per l’Apia Club di cui è tesoriere durante il triennio d’oro in cui la squadra riesce a vincere il titolo, né per la musica. Non avendo mai avuto tempo di studiare alcuno strumento, a 75 anni compiuti, Mario ha trasformato la sua passione in impegno decidendo che era giunto il tempo di dedicarsi al pianoforte e ha imparato a suonarlo realizzando uno dei suoi sogni rimarcando la sua determinazione a scapito dell’età.

Determinazione e impegno profusi sempre per la sua terra di origine aiutando prima i nuovi emigrati a trovare sistemazione e lavoro, poi le popolazioni colpite dal terribile terremoto dell’Aquila. La sua solidarietà e il senso civico, non avevano confini territoriali: Mario, infatti, si è profuso e impegnato anche in alcuni progetti per aiutare i bambini del Ghana affinché avessero un futuro migliore. Il nome di Mario Barone resta negli annali della comunità italiana che, a ragione, lo annovera fra i suoi pionieri più illustri. La sua passione ha accompagnato per anni le iniziative delle associazioni come quella degli Abruzzesi, di cui fu vicepresidente, delle Acli, di cui è stato tesoriere dell’organizzazione bocciofila, e di quella dei Marinai di Italia di cui è stato presidente fino alla sua scomparsa.